Uscito nel 1999, al quale seguirono poi i sequel (Reloaded e Revolution 2003), fu dopo The Thruman Show (Jim Carrey, 1998, nel quale il protagonista vive ignaro sin dalla nascita in uno spettacolo televisivo, in un mondo artificiale che egli crede reale ma che altro non è che uno studio televisivo. Tutte le persone alle quali si relaziona sono degli attori. Comprendendo progressivamente la falsità di ciò che lo circonda, percepisce di essere stato vittima delle angherie di un regista e raggiunge la vera realtà uscendo dallo spettacolo), un’esclusiva cinematografica sul rapporto tra umano e artificiale e sulla reale visione delle implicazioni sociali dell’uso della tecnologia. Il film presenta un paradosso: la realtà che possiamo toccare, quella che ci circonda, quella di cui siamo certi (da un punto di vista filosofico è con Cartesio che la certezza acquista un valore epistemologico) è una produzione artificiale di un esterno al soggetto conoscitore. Non è sufficiente il soggetto conoscente come garante dell’esistenza di ciò che lo circonda, Cartesio infatti nelle Meditazioni Metafisiche, procede mettendo in dubbio tutto: dalla conoscenza sensibile alle verità matematiche a Dio. Tuttavia c’è qualcosa sulla quale non è possibile dubitare: il fatto che sono Io a dubitare, quindi ogni cosa che penso o che esiste deve la sua ragione di essere a me, soggetto conoscitore. In Matrix questo assunto indiscutibile della gnoseologia cartesiana viene scardinato, in quanto è proprio un elemento esterno al soggetto che produce (termine che rende bene l’azione di creare) la realtà. Quindi, Neo, il prescelto è tale proprio perché ha ricevuto il dono di fare autocoscienza della propria condizione e di tutti gli altri apparenti esseri umani. Infatti tutti i suoi simili altro non sono che strumenti delle macchine che se ne servono per avere quei nutrimenti e quell’energia che in un futuro imprecisato la terra ha perso. La terra reale, e quindi anche il tempo reale, non è quello di Neo, ma quello della civiltà terrestre decaduta. Tempeste elettriche, buio, scomparsa del sole, raffreddamento, città ridotte a rovine. Le macchine si sono impossessate dell’uomo, l’hanno schiavizzato “coltivandolo” in enormi piantagioni , in modo da farne uso per la propria continuazione; li illudono di vivere una realtà concreta, quando semplicemente essi vivono una realtà simulata al computer. Neo vive in un software e non se ne rende conto. Molto affascinante il rapporto tra realtà computerizzata e realtà concreta, certo nel primo episodio della saga, poi si scade, almeno nel mio modesto parere, nell’esagerazione. Neo, hacker che vive a metà tra un lavoro normale in una società di software e le notti passate al computer per portare avanti la sua attività di hacker, è stranamente inconsapevole che lui stesso vive per l’azione di un applicazione; proprio lui che li crea. Cosa succederebbe se un giorno scoprissimo di essere l’oggetto di una simulazione al computer? Magari non nel 2019, ma nel 2145?

Giovanni Sacchitelli

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