In evidenza: Jan Brueghel, Allegoria della vista, 1617

Come ho già avuto modo di dire in precedenti interventi, la cultura umanistica e le humanae litterae, non sono estremamente altre dal calcolo matematico o dalla scienze in generale; lo sviluppo del pensiero razionale dall’alba dei tempi fino ai tempi moderni e contemporanei, ha attraversato fasi eterogenee, com’è normale che sia. Per questo esiste l’evoluzione (dal latino evolutionem, atto dello svolgere), ed essendo per definizione quest ultimo un processo graduale ci saranno state delle fasi in cui la cultura scientifica non era così definita e se stante ma partecipava della cultura filosofica. Inoltre, non dobbiamo guardare alla raffinatezza e alla complessità degli attuali sistemi scientifici (matematici, fisici, biologici, psicologici) se non come naturale evoluzione, come ho appunto detto pocanzi, di una visione del mondo pregressa frutto di tentativi, ipotesi, coraggiose teorie esplicative dei fenomeni, Per questo le lettere (intendo con questo termine in senso ampio tutto ciò che non è strutturato di per sé con un linguaggio formale, quindi filosofia, che è quella nella cultura letteraria che si distingue dalle altre per il suo rigore, la sua scientificità, la sua ricerca argomentativa della verità, il suo strettissimo legame, quasi materno, con la fisica e la matematica) non sono soltanto un susseguirsi infinito e spesso prolisso di argomenti inutili, vaghi e di nessuna portata scientifica. Guardare al corpus aristotelicum (l’insieme delle opere di Aristotele: Fisica, Psicologia, Logica, Metafisica ecc…) come un vuoto parlare senza né capo né coda è un modo di vedere le cose sicuramente attuale e basato sul buon senso (se confrontati con i rispettivi moderni, ad esempio Galileo o Newton in fisica, o la logica formale per Aristotele) ma privo di rispetto per la tradizione. Tradizione (dal latino traditio-onis, consegna, trasmissione) La fisica aristotelica fu soppiantata dall’esperienza della torre di Galileo (1632. Dialogo sopra i due massimi sistemi), ma fino a quel momento e per tutta la scienza medioevale essa fu riferimento per ogni tipo di speculazione, parliamo di secoli in cui si rinunciò ad osservare la realtà per seguire l’auctoritas del filosofo (come viene spesso indicato negli argomenti scolastici). Questo a mo di esempio per dimostrare quanto qualcosa che riteniamo superato e antiquato sia stato fondamentale per più di quattrocento anni. Aristotele era convinto che i nervi partivano dal cuore (e non dal cervello com’è noto), quindi se anche in uno studio di anatomia si fosse verificato il contrario, allora era il corpo difettoso e non la teoria dello Stagirita. Risulta evidente anche da questo piccolo riferimento storico di quanto la cosiddetta cultura “umanistica” (vedi il mio articolo umanistico) non si affatto tutto discorso e niente sostanza: anzi, studiare filosofia significa studiare la scienza e la storia dell’intera cultura, perché è dalle speculazioni metafisiche dei filosofi che noi abbiamo l’attuale struttura di pensiero scientifica e non solo; quindi la filosofia è la madre di tutte le scienze empiriche, anche di quelle umane come la psicologia. E’ dai filosofi  che nasce la speculazione sull’anima (De Anima, Aristotele), sulla percezione, sul funzionamento dell’intelligenza, sull’immaginazione. Aristotele introduce concetti affascinanti anche in ambito biologico come la respirazione, la generazione, il nutrimento, la distruzione (il decesso, perché si è estinto il calore vitale presente nel cuore). Ma ciò non è discorso che riguardi soltanto le scienze empiriche, anche quelle astratte sono state influenzate dalla filosofia; mi viene in mente subito l’organon aristotelico e la sua teoria del sillogismo, ovvero la logica. La logica formale che è la formalizzazione del pensiero umano, le regole del corretto pensare, ha trovato diverse applicazioni e sviluppi (informatica, matematica pura, elettronica), ovviamente in versioni implementate rispetto al modello aristotelico, che non è un modello formale. Gli algoritmi che si studiano in informatica per programmare devono il loro essere prima ad Aristotele, che più di duemila anni fa si mise a tavolino e pensò tutti i modi possibili del pensare (opera geniale), poi a Boole che creò la cosidetta algebra della logica, un modello primitivo della moderna logica formale, ma entriamo nel merito perché la questione è ampia e tecnica. Ciò basti per dire quanto qualcosa che viene visto come trascendentale e lontanissimo dalla realtà ne è proprio la base della moderna visione del mondo. Nelle tassonomie biologiche noi distinguiamo genere e specie, e questa distinzione è aristotelica. Se ne linguaggio quotidiano noi parliamo di “sostanziale”, “essenziale”, “forma”, “materia”, questa terminologia oramai entrata nel parlare quotidiano ci sembra ovvia e inutile a definirsi, in realtà è stata codificata nella Metafisica aristotelica, e se ci volessimo soffermare sul quid di ogni termine, sicuramente le cose non sarebbero più così chiare come appaiono. La cultura umanistica, e qui faccio riferimento soprattutto alla filosofia (come scienza dei fondamenti) non è cosa lontanissima e scissa dalla scienza empirica, prima parlavo di visione del mondo, ebbene nel 1781 Immanuel Kant codifica la nostra visione del mondo parlando di categorie. Nel linguaggio naturale (non formalizzato come la logica o la matematica) noi descriviamo il mondo con le griglie concettuali di spazio, tempo, unità, patire, agire, sostanza; tutto questo è un filtro mediante il quale la realtà è interpretata, ma nessuno prima di quella data aveva pensato ad una cosa del genere. Le categorie valgono anche per lo sguardo attuale, e dobbiamo ai filosofi, che impiegano la loro esistenza a capire il perché delle cose, la nostra visione scientifica e non delle cose.  Una cosa degna di nota e basica per lo sviluppo, come anche dicevo sopra, della logica formale odierna (potenziata da Boole e da Frege) è il tentativo primigenio di Leibniz di creare una charateristica universalis, una lingua universale fatta di simboli (com’è la logica formale attuale con variabili, quantificatori, implicazioni, congiunzioni, regole di inferenza, teoremi) che avrebbe permesso di evitare gli errori in qualunque tipo di argomentazione. Questa volontà di rigore viene da un filosofo, che a tredici anni dopo essersi nutrito di storia e poesia , segue la prima lezione di logica e viene colpito dall’ordine e dalla distribuzione dei pensieri rigorosa ed esatta, e capisce che in essa doveva trovarsi qualcosa di grande. Leibniz progetta l’arte combinatoria, una lingua artificiale che avrebbe giovato sia a matematici sia a giuristi, filosofi e sapienti di ogni sorta. Non riuscì a portare a termine la sua idea, ma più avanti saranno matematici a riconoscere al filosofo, la sua indiscussa genialità.

Giovanni Sacchitelli

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