Che ora è? film di Ettore Scola, di fine anni ottanta(1989), che vede un Mastroianni negli anni del declino, ed un Troisi improbabile laureato in lettere che spende i suoi giorni del servizio militare a Civitavecchia; questo film va apprezzato per una serie di motivi, il primo di questi è la fotografia per mezzo della quale facilmente respiriamo l’atmosfera pallida e rarefatta della Civitavecchia  di fine anni ottanta, asciutta e malinconica, come il porto, luogo di scambio e la biblioteca entro la quale (Michele Ridolfi) Troisi alimenta e da voce al suo interiore letterario, divorando opere narrative ed arrivando addirittura ad una competizione con il padre relativamente ai titoli di alcune opere fondamentali, come quelle di Melville. Mastroianni, gigante del cinema italiano, noto per aver già collaborato con Scola con Dramma della gelosia 1970 (con Monica vitti) o per quella giornata particolare 1977 alle prese con Sofia Loren ed il regime fascista; Mastroianni, emblema della bellezza italiana anche all’estero, carismatico ambiguo, talvolta vile (come lo scrittore progonista di Otto e mezzo) è qui a confronto con un altro modo di pensare il cinema: Massimo Troisi. Troisi non è certamente stato un idolo bello e maledetto e veniva consegnato all’Italia di fine anni ottanta come Gaetano di Ricomincio da Tre, come il protagonista altrettanto timido di Non ci resta che piangere o Scusate il ritardo con Giuliana De Sio. A prescindere dalla poca adattabilità al ruolo, di Troisi come letterato, questo film, a metà tra pellicola impegnata, con le atmosfere che ricordano quasi un film francese, e la commedia all’italiana, trasmette notevoli significati. Marcello Ridolfi (Mastroianni)  nel film è un avvocato di successo, entusiasta del suo mestiere, brillante, esperto del rapporto con le donne, oltre ad essere ovviamente avvenente e di bell’aspetto. Massimo Troisi (Michele Ridolfi) è un laureato in lettere, che  trascorre tranquillo il suo servizio di leva, tra la biblioteca, un rapporto sentimentale che non riesce a prendere sul serio, “una mezza cosa” (come dirà suo padre, interessato al tal punto alla vita sessuale del figlio che chiederà alla sua fidanzata la qualità delle sue performances) e le serate nel bar dove trovare atmosfere da Moby Dick, con  pescatori dal volto segnato, dove fare il caffè, sentendosi padrone di quella macchina. “Io non so fare niente” [io non so scegliere, io non so decidere, io non so fare niente!] grida il figlio al padre, espressione paradosso dell’inettitudine, ho preso una laurea che non vale nulla ed io valgo ancora meno, dice Michele al padre. Due sistemi di idee e di vita opposti, da una parte il padre (giovane nell’animo pieno di brio nonostante l’età, che dà consigli sulla vita professionale come carriera obbligata, esperto di donne, cinico e leggero) da una parte il figlio che è timido, riservato, idealista, incapace di pensare al futuro “qualcosa farò”. In una giornata, i due sistemi di idee cercano di convergere in punti di incontro, in maniera tuttavia fallimentare, se non ci si ferma alla superficie. Alla fine di questa giornata hanno capito che hanno parlato di nulla, per evitare di parlare dei problemi seri. Qual’è il problema serio?
La carriera e la posizione professionale, in una parola: i soldi. Soldi e materialismo. Per questo motivo, il primo sistema di idee, quello di Mastroianni-padre, cerca di riportare il Troisi-figlio nel suo ovile. Come? Facendo regali ed esprimendo una ragione di sentimento collegata agli oggetti; compra un attico lussuoso ed una macchina altrettanto costosa.
Cosi facendo spera di recuperare un rapporto difficile con il figlio. Da piccolo fuggivi la mia presenza, non ho mai capito perchè, dice il padre, troppo sicuro di sè per chi invece è dalla parte delle parole, delle lettere, della cultura.
Tu no, tu ti senti al di sopra di tutto, lavorare, famiglia, figli, sei troppo in alto per concepire queste cose, dice il
padre al figlio idealista. Il primo preferisce una ragione di sentimento orientata all’affetto diretto, tanto che quando parla con gli amici al telefono, è spontaneo, ride, davanti al padre invece è riservato, reale, attaccato al senso di realtà che lo schiaccia. In una parte del film si parla delle cose vecchie, e dell’interrogativo riguardo al fatto se si viveva meglio prima o adesso. Allora, nel 1989, per Mastroianni si viveva meglio, ma per un letterato, ancorato, ai valori, al passato e ad uno stile cavalleresco, il presente risulta troppo veloce, troppo moderno. Dimostrazione di come la ricerca di valori tanto agognata dal figlio che spera di ritrovare il risultato nel padre, invece sia un fuoco fatuo. Il padre, si dimostra privo in realtà di valori, privo di amore verso se stesso, arrivando a mescolare le sue medicine per il cuore con l’alcool. Infatti: “è meglio crepare felici che piangersi addosso tutta la vita” [cit. Marcello Ridolfi].

Giovanni Sacchitelli

 

Total
32
Shares

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*