Eduardo De Filippo, Questi fantasmi
Eduardo De Filippo, Questi fantasmi

Ci sono giorni in cui penso che la felicità si divida in due grandi categorie: quella che fa rumore, come i nipotini che scorrazzano in casa, le onde del mare, la neve che cricchia sotto gli scarponi; e quella che produce silenzio.
In questa particolare categoria rientrano i cieli azzurri, la luce dei pomeriggi d’inverno e la polvere di caffè. Ora, sono molte le persone che hanno parlato del caffè, tra questi il più poetico mi è sempre parso il Pasquale Lojacono di Eduardo De Filippo con il suo monologo del caffè, chiuso da quel “vedete quanto poco ci vuole per far felice un uomo” che sigilla mirabilmente tutto il significato di una tazzina di caffè. Ma il prodotto finito (la tazzina di caffè) è frutto di due momenti importantissimi: la caffettiera sul fuoco – che da sola basta “a riempire una stanza”, secondo un altro illustre scrittore napoletano – preceduta a sua volta dal movimento della polvere. Ecco, questa polvere scura, oltre a possedere tutte le qualità organolettiche della bevanda che tutti conosciamo, ha la capacità – davvero singolare al giorno d’oggi – di essere completamente, assolutamente, incontestabilmente silenziosa.
Si può maneggiare, travasare, toccare, miscelare, annusare perfino far cadere senza che lei emetta un singolo suono. Possiede la stessa magia della neve, quando scende placida sui paesini di montagna nelle sere d’inverno, ma – contrariamente al glauco fenomeno meteorologico – questa magia può ripetersi ogni giorno e in qualsiasi momento: basta avere una casa silenziosa e il momento per un caffè.

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