As an unperfect actor on the stage,
Who with his fear is put besides his part,
Or some fierce thing replete with too much rage,
Whose strength’s abundance weakens his own heart;
So I, for fear of trust, forget to say
The perfect ceremony of love’s rite,
And in mine own love’s strength seem to decay,
O’ercharg’d with burden of mine own love’s might.
O let my books be then the eloquence
And dumb presagers of my speaking breast,
Who plead for love and look for recompense
More than that tongue that more hath more express’d.
O, learn to read what silent love hath writ:
To hear with eyes belongs to love’s fine wit.

Come un imperfetto attore sulla scena
che per paura scorda la sua parte,
o come un essere feroce colmo d’eccessiva furia,
a cui l’abbondanza della forza indebolisce il cuore;
così io, per paura e per sfiducia, dimentico di dire
la perfetta cerimonia del rituale d’amore,
e, nella forza stessa del mio amore, mi sento svigorire,
sopraffatto dal fardello della potenza.
Oh, siano i miei fogli, allora, l’eloquenza
e gli àuguri muti del mio parlante petto,
che chiedono amore e attendono una ricompensa
che sia più grande che per quella lingua che più e di più ha espresso.
Oh, impara a leggere ciò che il silenzioso amore ha scritto;
udir con gli occhi s’addice al fine ingegno dell’amore.

Sonetto 23, William Shakespeare

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