«Zabriskie Point» ovvero lo sguardo di Michelangelo Antonioni sull’America (e su di noi)

Nella cosiddetta Valle della Morte, s’incrociano i destini di due ragazzi, quello di Mark, giovane in fuga con un aereo rubato dopo una rivolta studentesca a L.A., e quello di Daria, segretaria di un appaltatore.

Fuga, scelta individuale, amore, consumismo e morte. I temi cari ad Antonioni sono tutti miscelati con perfetto dosaggio in Zabriskie point, manifesto di un’utopica sconfitta della società dei consumi. Il regista, abbandonata ogni confidenza con il carrello, pianta la cinepresa distante dagli avvenimenti, lontana dai personaggi, ponendo maggiormente l’accento nel rapporto tra piccolo e grande, tra individuo e mondo. Il deserto come metafora del vuoto nel quale gli incontri hanno un significato particolare, si oppone nella seconda fase del film alla città che occupa invece tutta la prima parte, descritta solo attraverso le inquadrature d’insegne pubblicitarie, per la verità inquadrate con la stessa volontaria caoticità visiva usata nella sequenza con la quale si apre il film, durante una riunione del collettivo universitario, anche questo come gran supermercato delle idee collettive dal quale Mark si allontana. Incontro tra cielo e terra, nascita dell’amore a seguito della morte. Fine del soggetto e predominio della merce.

Film e colonna sonora imperdibile.

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