“Non mi trattava né da adulto né da bambino, ma piuttosto come un personaggio da romanzo. Un romanzo che lei amava molto e teneramente, nel quale s’immergeva in ogni istante. Non voleva sentir parlare né di grattacapi né di tristezza.”

Immaginate di essere un bambino e di avere un padre che non chiama mai vostra madre con lo stesso nome. Immaginate poi che a vostra madre quest’abitudine non dispiaccia affatto, poiché tutte le mattine, in cucina, tiene lo sguardo fisso e allegro su vostro padre, col naso dentro la tazza di latte oppure col mento tra le mani, in attesa del verdetto; e poi, felice, si volta verso lo specchio salutando la nuova Renée, o la nuova Joséphine, o la nuova Marylou…

Ama ballare, con suo marito sempre e ovunque, di giorno e di notte, da soli e in compagnia degli amici, al suono soprattutto di Mister Bojangles di Nina Simone, una canzone gaia e triste allo stesso tempo. Per il resto del tempo beve cocktail, invita a pranzo chiunque, legge accarezzando una gru che chiama Damigella superflua. Si entusiasma e si estasia per ogni cosa, trovando incredibilmente divertente l’andare avanti del mondo.

«Quando la realtà è banale e triste, inventatemi una bella storia, voi che sapete mentire così bene».

Se immaginate tutto questo, potete mettere piede nel fantastico universo familiare descritto dal bambino in queste pagine.  Una famiglia colorata, rara, disturbante, allucinata, una famiglia anticonvenzionale che fa del ritmo scatenato la propria linea di vita. Una famiglia che non conosce tregua dalla follia.

“Questa è la mia storia vera, con alcune menzogne a dritto e altre a rovescio, perché spesso la vita è così.”

Un libro onirico, poetico, pazzo, stravagante, delicatissimo che riesce a raccontarci anche di come questa bolla di perfezione e questa felicità perenne possa andare in frantumi, messa in pericolo dalla pazzia di chi non si sottrae a vivere la vita senza risparmiarsi mai, venendone tremendamente travolto.

Un romanzo diverso, dai toni delicati ma riflessivo, un romanzo sognante, come una fiaba dai colori autunnali che preannuncia l’arrivo dell’inverno senza però mai lasciare l’odore dell’estate. Non lo lascia perché non ne è capace, non ancora. E così i protagonisti di questa storia così surreali, assurdi ma profondamente e dolorosamente incontaminati, di quella purezza di cui è capace solo la follia.

Non c’è un perchè in questa storia, è la stessa storia il perché.
Sono le riflessioni che ne scaturiscono, le splendide immagini di musica, di feste, di danza che ne vengono fuori ad essere il senso di quella strana felicità che si assapora tra le pagine.
“Mamma mi raccontava spesso la storia di Mister Bojangles. La sua storia era come la sua musica: bella, ballabile e malinconica. E lei ballava per far tornare lui, il signor Bojangles. Era per questo che ballava tutto il tempo. Semplicemente perché lui ritornasse.”

Dolore e pazzia, amore e gratitudine, bisogno e appartenenza. Aspettando Bojangles è un romanzo breve, che si legge in un soffio. Scorrevole, sottile, morbido, celestiale e miracoloso. Di quelli che ti aprono prospettive e che anche nelle giornate in cui vorresti davvero piangere, così, per liberarti un po’ di quel peso che ti opprime il cuore, ti da quella carezza, quell’alito di vento che ti permette di ricacciare dentro la tristezza e di guardare. Guardare e ricordare quanto sappiano essere magiche le parole. Magico l’odore di un libro tra le mani, il senso di un istante, così intenso, da racchiudere un mondo che si apre e ti accoglie senza riserve ed è lì soltanto per te e tu non pensi altro che ‘grazie.’

Aspettando Bojangles.

Cristina Carlà

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