è bello prendere il treno insieme, non ho bisogno di aprire la settimana enigmistica o un libro o l’agenda, nè di guardare fuori dal finestrino immaginando la solita edera che si arrampica su ogni elemento del paesaggio, seguendo le rotaie- residuo d’infanzia immaginosa e un po’ perversa. Non cerco parole nel vano portaoggetti, nè m’incuriosiscono gli sconosciuti- studi umani troppo fantasiosi o fittizi dialoghi irripetibili. Non guardo più i nomi delle stazioni sperando di essere arrivata, nè m’importa dell’aria condizionata difettosa. Soffro di meno l’horror vacui. Conosci ormai la mia patologica incapacità di restare immobile: ho bisogno di riempire il vuoto-baratro che mi porto dentro. Per questo il tabacco, i disegni agli angoli dei fogli, le crosticine, i pensieri oscenamente inutili, il passo svelto; e scrivo-leggo-straparlo. Cerco la novità in ogni dove, visi-situazioni inesplorati, posti sconosciuti, viaggi, animali esotici e piante carnivore, informazioni di ogni sorta:dalle offerte dei supermercati a James Joyce, dalle leggende orientali alle teorie evoluzionistiche. Come se tutto questo fosse essenziale, come se bastasse… ma ho troppa fame, vivessi un deserto senza fine, avessi una tenia immortale che mi vive tra cuore e mente, divorando il raccolto di vita-realtà che non sa nutrirmi. Costretta alla recherche. Onta ingrata al tempo impietoso che mi disegna rughe sulla fronte e solchi ai lati della bocca. Per questo a volte ti dico che vorrei vivere come le bestie, di caccia, istinto e ingegno, con la sola preoccupazione di sopravvivere. Potrei così convincermi davvero che è un miracolo il solo fatto di esistere. E invece torno all’agio alienante dell’umano, ogni giorno e ogni giorno non mi basta. Riesci a capire adesso perchè è così meraviglioso prendere il treno insieme? Non sei una dea nè un principio-guida, non hai capacità extra-sensorie nè hai potuto afferrare il segreto intangibile della vita, eppure ti ho dato un potere illimitato sui miei giorni, senza sapere come o perchè. Non m’importa se è giusto, nè vorrei che te ne sentissi responsabile: è una mia scelta come il cappuccino al risveglio- puro piacere e trionfo del gusto. Riesci a fermarmi o mi accompagni nella ricerca che così pesa la metà. Per questo quelle ali col laccetto verde da legare al polso, forse di cattivo gusto. Quel dono è solo un’allegoria del mio sentire: il ritmo del tuo moto si sposa col mio- sistema binario senz’orbite predefinite, senza costanti o punti focali. Non conosco gli spasmi dell’universo, ci sarà forse il ripetersi infinito del rettangolo aureo, nell’infinitamente piccolo e nell’infinitamente grande. Ma non sono un matematico, nè credo ci possano essere risposte assolute. Non so che ne sarà di noi, della via lattea o del polline in primavera, ma mi piace parlarne con te, fare mille progetti, condividere speranze, sorridere di chi non può sapere…adoro trovare in te qualcosa di me e viceversa, come saperti così diversa da temerne. Sai riempire i miei vuoti: per ogni mio cratere quel frammento lunare che ho perso chissà dove. È bello prendere il treno insieme, anche se so che scenderai prima di me…eppure per tutta l’altra metà del viaggio che mi porta a casa continuo a parlarti… la distanza t’ingrandisce, altissima montagna che non riesco a catturare con lo sguardo se non dalla valle.

© Delia Cardinale

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