L’uomo è la sola creatura capace di essere educata. Per educazione, in senso largo, s’intende la cura (il trattamento, la conservazione) che richiede l’infanzia di lui, la disciplina che lo fa uomo, infine la istruzione con la cultura. Sotto questi tre rispetti, egli è infante, allievo e scolare.

La ragione umana, anche senza il pungolo della semplice vanità dell’onniscenza, è perpetuamente sospinta da un proprio bisogno verso quei problemi che non possono in nessun modo esser risolti da un uso empirico della ragione… e così in tutti gli uomini una qualche metafisica è sempre esistita e sempre esisterà, appena che la ragione s’innalzi alla speculazione.

Immanuel Kant

Il Nautilus

Il capitano Nemo si avviò e io lo seguii. Una doppia porta posta in fondo alla sala si aprì ed entrai in una camera di dimensioni uguali a quella che avevamo appena lasciato. Era la biblioteca. In enormi scaffali di palissandro nero con fregi di bronzo erano allineati in gran numero alcuni volumi rilegati tutti nello stesso modo. Guardavo sbalordito e ammirato quell’organizzatissima biblioteca sottomarina e non riuscivo a credere ai miei occhi. Mi rivolsi al mio ospite, che aveva preso posto su un comodo divano. – Ecco una biblioteca che formerebbe il vanto di parecchi palazzi sulla terra, capitano – dissi. – Mi stupisce molto il fatto che siate riuscito a portarla con voi nelle profondità dei mari. – Dove si potrebbe trovare una maggiore solitudine e un maggior silenzio, professore? – replicò il capitano Nemo. – Forse che la sala di lettura del vostro Museo vi offre altrettanta tranquillità? – No, signore, e devo aggiungere che è ben misera cosa rispetto alla vostra. Qui ci saranno almeno sei o settemila volumi… – Dodicimila, per la precisione. Sono i soli legami che mi uniscono ancora alla terra. Ma il mondo finì per me il giorno in cui il Nautilus si immerse per la prima volta sotto la superficie del mare. Quel giorno acquistai i miei ultimi volumi, le ultime riviste, gli ultimi giornali. Da quel momento preferisco credere che l’umanità non abbia più né pensato né scritto. Naturalmente tutti questi libri sono a vostra disposizione, professore: potete consultarli liberamente. Ringraziai il capitano Nemo e mi avvicinai agli scaffali in cui si allineavano libri di scienze, di filosofia e di letteratura, scritti in tutte le lingue. Notai che tutti quei volumi erano classificati per materia, ma non per lingua, e quella mescolanza provava che il comandante del Nautilus doveva saper leggere correntemente i libri in qualsiasi lingua fossero scritti. Notai i capolavori dei più grandi maestri antichi e moderni, quanto di meglio l’umanità aveva prodotto nel romanzo, nella poesia e nel campo della storia e della scienza. Predominavano però le opere scientifiche; i libri di meccanica, di balistica, idrografia, geografia e geologia vi occupavano un posto non meno importante delle opere di storia naturale, ed era evidente che costituivano la lettura preferita del capitano Nemo. Fra le opere di Joseph Bertrand, il libro intitolato “I Fondatori dell’Astronomia” mi fornì un’indicazione; sapevo che era stato pubblicato nel 1865, e ne dedussi che il varo del Nautilus non doveva essere anteriore a quella data. Dunque, non erano trascorsi più di tre anni da quando il capitano Nemo aveva iniziato la sua crociera sottomarina. – Vi ringrazio per avermi messo a disposizione questa biblioteca, signore – dissi. – Vi sono dei tesori di scienza e ne approfitterò. – Questa sala non serve solo come biblioteca disse il capitano Nemo. – E’ anche un salone per fumatori. – Ma si fuma a bordo? – Certamente. – Questo mi fa pensare che abbiate conservato buone relazioni con l’Avana. – Per niente – rispose il capitano Nemo. – Gradite questo sigaro, signor Aronnax, e se siete un intenditore, ne sarete soddisfatto, anche se non viene dall’Avana. Accettai il sigaro che mi era offerto, la cui forma ricordava gli avana, ma sembrava fabbricato con foglie d’oro. L’accesi a un piccolo braciere sostenuto da un elegante piede di bronzo e aspirai le prime boccate con la voluttà di un fumatore che non fuma da due giorni. – E’ eccellente – osservai – ma non è tabacco. – Infatti – confermò il comandante. – Si tratta di una specie di alga ricca di nicotina che il mare mi fornisce, ma non troppo abbondantemente. Rimpiangete gli avana, signore? – Da questo momento, comandante, li disprezzo. – Fumate, allora, a vostro agio, senza pensare all’origine di questi sigari. Quindi il mio ospite aprì una porta che si trovava di fronte a quella da cui eravamo entrati in biblioteca e passammo in un vastissimo salone splendidamente rischiarato. Era un ampio quadrilatero dagli angoli smussati, lungo dieci metri, largo sei e alto cinque. Il soffitto luminoso, ornato di piccoli arabeschi, emanava una luce chiara e soffusa su tutte le meraviglie contenute in quel museo. Poiché si trattata realmente di un museo, in cui una persona di buon gusto e prodiga aveva riunito tutti i tesori della natura e dell’arte, in quella confusione artistica che distingue lo studio di un pittore. Ornavano le pareti, ricoperte con una stupenda e severa tappezzeria, una trentina di quadri di grandi maestri. Alcune copie di ottima fattura, in marmo o in bronzo, delle più belle statue dell’antichità classica, erano disposte su dei piedistalli negli angoli del salone. Ero letteralmente stupefatto. Proprio come mi aveva predetto il comandante del Nautilus. – Vogliate scusare, professore, se vi ricevo senza cerimonie e in questo disordine – disse il comandante. – Non tento di conoscere la vostra vera identità dissi – ma sono sicuro che siete un artista. – Semplicemente un amatore, professore. Un tempo mi divertivo a collezionare le bellezze create dalle mani dell’uomo. Ero un gran cercatore, e frugando in ogni luogo ho potuto riunire qualche oggetto di gran valore: sono gli ultimi ricordi di un mondo che per me non esiste più. Il comandante tacque e fu come se si fosse perduto in un suo sogno lontano. Io lo osservavo tentando di analizzare la sua fisionomia. Stava appoggiato a un prezioso tavolo intarsiato e non mi vedeva più, sembrava aver totalmente dimenticato la mia presenza. Rispettai quel suo silenzio e ripresi a esaminare gli oggetti meravigliosi riuniti nel salone. Oltre alle opere d’arte, c’era anche un vero e proprio museo di storia naturale che occupava una zona assai ampia. Il capitano Nemo aveva dovuto spendere milioni per acquistare tutte quelle meraviglie e mi stavo chiedendo a quale fonte potesse attingere per soddisfare così la sua passione di collezionista, quando fui interrotto da queste parole: – Vedo che state ammirando le mie conchiglie, professore. Possono veramente interessare un naturalista, ma per me hanno un fascino in più, poiché le ho raccolte tutte di mia mano e non c’è stato mare del globo che sia sfuggito alle mie ricerche. – Comprendo benissimo, comandante, quale piacere possiate provare ritrovandovi in mezzo a tali ricchezze, ma non voglio consumare la mia ammirazione per esse, altrimenti non me ne resterà più per la nave che le contiene. Non voglio scoprire segreti che appartengono solo a voi, tuttavia confesso che questo Nautilus, la forza motrice che vi è rinchiusa, gli apparecchi che permettono di sfruttarla… tutto ciò eccita al più alto grado la mia curiosità. Vedo appesi ai muri di questa sala degli strumenti il cui scopo mi è ignoto. Potrei conoscerlo? – Signor Aronnax – rispose il capitano Nemo – vi ho già detto che sareste stato libero a bordo e quindi nessuna parte del Nautilus vi è proibita. Potrete visitarlo accuratamente e io avrò il piacere di farvi da cicerone. – Non so come ringraziarvi, signore, ma non abuserò della vostra compiacenza. Mi limito a chiedervi a che cosa servono questi strumenti da gabinetto di fisica. – Caro professore, i medesimi strumenti ci sono anche nella mia cabina ed è là che avrò il piacere di spiegarvi il loro impiego. Ma prima visitiamo l’alloggio che vi è stato riservato: è bene che vediate come sarete ospitato a bordo del Nautilus. Seguii il capitano Nemo che mi condusse a prua, fino a una vera e propria stanza elegantemente arredata, con un vero letto, un tavolo e altri mobili. Ringraziai: ero molto stupito. – La vostra cabina è a fianco della mia che dà direttamente nella sala che abbiamo appena lasciato. Entrai nella stanza del comandante, che aveva un aspetto austero, quasi monacale: una cuccetta di ferro, un tavolino e l’indispensabile per la toeletta, il tutto in penombra. Niente di confortevole: lo stretto necessario e basta. Il capitano Nemo mi indicò una sedia. – Sedete, vi prego. Come fui seduto cominciò a parlare.

Jules Verne – 1870

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