Il est évident que, d’après les notions que je viens d’élucider tant bien que mal (il y aurait encore tant de choses à dire, particulièrement sur les parties concordantes de tous les arts et les ressemblances dans leurs méthodes!), l’immense classe des artistes, c’est-à-dire des hommes qui se sont voués à l’expression de l’art, peut se diviser en deux camps bien distincts: celui-ci, qui s’appelle lui-même réaliste, mot à double entente et dont le sens n’est pas bien déterminé, et que nous appellerons, pour mieux caractériser son erreur, un positiviste, dit: «Je veux représenter les choses telles qu’elles sont, ou bien qu’elles seraient, en supposant que je n’existe pas». L’univers sans l’homme. Et celui-là, l’imaginatif, dit: «Je veux illuminer les choses avec mon esprit et en projeter le reflet sur les autres esprits.

Charles Baudelaire, «Le gouvernement de l’Imagination», in Curiosités esthétiques. L’art romantique et autres oeuvres critiques, Clonard, Paris 1923, pp. 278-85.

I paradisi artificiali

Oppio e Hascisc (1860)

A J. G. F.

Mia cara amica, Il buon senso ci dice quanto labili siano le cose della terra e che la vera realtà vive solo nei sogni. Per digerire la felicità naturale, come l’artificiale, occorre prima di tutto avere il coraggio di ingoiarla, e quelli che forse meriterebbero la felicità, sono proprio coloro ai quali lo stato di beatitudine, così come la concepiscono i mortali, ha sempre fatto l’effetto di un emetico. A delle anime sciocche apparirà strano e anche insolente che un quadro di voluttà artificiali sia dedicato a una donna, la più comune sorgente delle più naturali voluttà. Tuttavia è evidente che come il mondo naturale irrompe in quello spirituale, gli serve da nutrimento, e concorre così a operare quell’indefinibile amalgama che noi chiamiamo la nostra individualità, così la donna è l’essere che proietta la più ampia ombra o la più ampia luce nei nostri sogni. La donna è fatalmente  suggestiva; vive di un’altra vita più che della propria; vive spiritualmente nelle fantasie che abita e feconda. D’altronde poco importa che la ragione di questa dedica venga capita. È poi così necessario, per il godimento dell’autore, che un libro qualsiasi sia capito, se non da quello o da quella per cui è stato scritto? Per concludere, infine, è così indispensabile che sia stato scritto per qualcuno? Per quanto mi riguarda, sono così poco preso dal gusto per il mondo vivente che, simile a quelle donne sensibili e oziose che spediscono, si dice, per posta, le loro confidenze ad amici immaginari, volentieri scriverei soltanto per i morti. Ma non è a una morta che dedico questo piccolo libro, bensì a una che, pur malata, è sempre attiva e viva in me, e che ora volge tutti i suoi sguardi al cielo, luogo di tutte le trasfigurazioni. Perché l’essere umano gode di questo privilegio, di poter impadronirsi di nuove e sottili gioie anche dal dolore, dalla catastrofe e dalla fatalità così come le trae da una temibile droga. In questo quadro scorgerai un viandante fosco e solitario, immerso nel fluire oscillante delle moltitudini, che volge il cuore e il pensiero a un’Elettra lontana che un tempo asciugava la sua fronte bagnata di sudore e rinfrescava le sue labbra scosse dalla febbre; e tu indovinerai la gratitudine di un altro Oreste di cui spesso hai vigilato gli incubi, e del quale dissipavi, con mano leggera e materna, lo spaventoso sonno.

C.B.

IL gusto dell’infinito 

Coloro che sono capaci di osservare se stessi e conservano la memoria delle loro impressioni, coloro che hanno saputo, come Hoffmann, costruire il loro barometro spirituale, hanno, avuto a volte l’occasione di notare-nell’osservatorio del loro pensierobelle stagioni, felici giornate, deliziosi minuti. Ci sono giorni in cui l’uomo si desta con un genio vergine e vigoroso. Liberate da poco le palpebre dal sonno che le sigillava, il mondo esterno gli si staglia in un potente bassorilievo, in una lucidità di contorni, in una ricchezza di colori mirabili. Il mondo morale schiude le sue vaste prospettive piene di nuove trasparenze. L’uomo, gratificato da questo stato di grazia, purtroppo raro e fuggitivo, si sente nello stesso tempo più artista e più giusto, più nobile, per dirlo in una sola parola. Ma ciò che vi è di più singolare in questo stato eccezionale dello spirito e dei sensi, che posso senza esagerazione definire paradisiaco, se lo confronto con le pesanti tenebre dell’esistenza comune e giornaliera, è che non è stato generato da alcuna causa ben visibile e facile da definire. È il risultato di una buona regola di vita e di una disciplina da saggio? Questa è la prima spiegazione che si offre alla mente, ma siamo obbligati a riconoscere che spesso questa meraviglia, questa sorta di prodigio, si presenta come se fosse l’effetto di un potere superiore e invisibile, esterno all’uomo, dopo un periodo in cui questi ha abusato delle proprie facoltà fisiche. La chiameremo ricompensa dell’assidua preghiera e degli ardori spirituali? È certo che una costante elevazione del desiderio, una tensione delle forze spirituali verso il cielo, sarebbe la disciplina più adatta a creare questa salute morale, così prorompente e gloriosa; ma in virtù di quale legge assurda essa si manifesta a volte dopo colpevoli orge dell’immaginazione, dopo un abuso capzioso della ragione, che sta al suo uso onesto e ragionevole come i movimenti dello sollevamento alla sana ginnastica? Perciò preferisco considerare questa condizione anomala dello spirito come una vera e propria grazia, come uno specchio magico in cui l’uomo è invitato a vedersi abbellito, cioè come dovrebbe e potrebbe essere; una specie di eccitazione angelica, un richiamo all’ordine sotto forma di ossequio. Ugualmente, una certa scuola spiritualistica, che ha i suoi rappresentanti in Inghilterra e in America, considera i fenomeni soprannaturali, come le apparizioni dei fantasmi, gli spiriti, ecc., quali manifestazioni della volontà divina, tesa a ridestare nello spirito dell’uomo il ricordo di realtà invisibili. D’altra parte, questo stato seducente e singolare, dove tutte le forze trovano equilibrio, dove l’immaginazione, quantunque meravigliosamente gagliarda, non trascina al suo seguito il senso morale in pericolose avventure, dove una sensibilità raffinata non è più torturata da nervi malati, questi consiglieri ordinari del crimine e della disperazione, questo prodigioso stato di grazia, dico, non possiede sintomi premonitori. È tanto imprevedibile quanto il fantasma. È una sorta di ossessione, ma un’ossessione intermittente, dalla quale dovremmo trarre, se fossimo saggi, la certezza di un’esistenza migliore e la speranza di attingervi con l’esercizio giornaliero della nostra volontà. Tale acutezza del pensiero, tale entusiasmo dei sensi e dello spirito, si sono sempre presentati all’uomo come il primo dei beni; e per questo, considerando solo la voluttà immediata, senza preoccuparsi di violare le leggi del proprio essere, egli ha cercato, nella scienza fisica, nella farmaceutica, nei più grossolani liquori, nei più sottili profumi, sotto tutti i climi e in ogni tempo, i mezzi per fuggire, non fosse altro che per qualche ora, dalla propria gabbia di fango e, come si esprime l’autore di Lazare: «di conquistare il paradiso al primo assalto». Ahimè! i vizi dell’uomo, per quanto pieni d’orrore li si pensi, contengono la prova (non fosse altro che per la loro infinita espansione!) del suo gusto per l’infinito; ma è un gusto che spesso perde l’orientamento. Si potrebbe interpretare in senso metaforico il noto proverbio: Tutte le strade portano a Roma e applicarlo al mondo morale; tutto porta alla ricompensa o al castigo, due forme dell’eternità. Lo spirito umano rigurgita di passioni, ne ha da vendere, per servirmi di un’altra locuzione triviale; ma questo infelice spirito, la cui naturale depravazione è grande quanto la sua improvvisa attitudine, quasi esagerata, alla carità e alle più ardue virtù, è fecondo di paradossi che gli permettono di impiegare per il male l’eccesso di questa traboccante passione. Non crede mai di vendersi in blocco. Nella sua infatuazione dimentica che entra in competizione con uno più scaltro e più forte di lui, e che lo Spirito del Male, se gli si dà anche un solo capello, non tarda a impadronirsi della testa. Questo signore visibile della natura visibile (parlo dell’uomo) ha voluto, dunque, creare il paradiso con le sostanze farmaceutiche, con le bevande fermentate, simile a un folle che sostituirebbe mobili solidi e veri giardini con scenari dipinti su tela e montati su telai. È in questa corruzione del senso dell’infinito che si trova, secondo me, la ragione di tutti gli eccessi colpevoli, dall’ebbrezza solitaria e assorta dell’uomo di lettere, che, obbligato a cercare nell’oppio un sollievo a un dolore fisico, e avendo così scoperto una fonte di morbidi piaceri, ne ha fatto a poco a poco la sua unica regola di vita e quasi il sole della sua vita spirituale, fino all’ubriachezza più disgustosa dei sobborghi, che col cervello pieno di fiamme e di gloria, si rotola comicamente nel! L’immondizia della strada. Tra le droghe più indicate a creare ciò che chiamo l’Ideale artificiale, eliminati i liquori, che spingono in fretta al furore materiale e annientano la forza spirituale, e i profumi, il cui uso eccessivo, pur rendendo più sottile l’immaginazione dell’uomo, snerva gradualmente le sue forze fisiche, le due sostanze più energiche, quelle il cui uso è più comodo, e più a portata di mano, sono l’hascisc e l’oppio. Argomento di questo studio è l’analisi dei misteriosi effetti e dei morbosi godimenti che queste droghe possono generare, degli inevitabili castighi che derivano dal loro uso prolungato, e infine della stessa immoralità insita nello sforzo di raggiungere un falso ideale. Il lavoro sull’oppio è già stato fatto, e in modo così eccezionale, medico e poetico allo stesso tempo, che non oserei aggiungere nulla. Mi accontenterò, dunque, in un ulteriore studio, di analizzare questo incomparabile libro, che non è mai stato tradotto completamente in Francia. L’autore, uomo famoso, di possente e raffinata immaginazione, oggi appartato e silenzioso, ha osato, con tragico candore, narrare i godimenti e le torture che ha trovato una volta nell’oppio, e la parte più drammatica del libro è quella in cui si parla dei sovrumani sforzi di volontà che ha dovuto mettere in atto per sfuggire alla dannazione cui s’era egli stesso imprudentemente votato. Oggi parlerò solo dell’hascisc, e ne parlerò seguendo numerose e minuziose indicazioni, prese da appunti o confidenze di uomini intelligenti che vi si erano a lungo dedicati. Soltanto, unirò questi variegati documenti in una specie di monografia, scegliendo un’anima, facile in ogni caso a essere interpretata e definita, quale tipo adatto alle esperienze di questa natura.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*