Scritti probabilmente fra il 1595 e i primi anni del 1600, i Sonetti di Shakespeare costituiscono uno dei grandi vertici della letteratura d’amore di tutti i tempi, rappresentano anche un momento centrale della produzione letteraria del grande drammaturgo inglese. Definiti la chiave con la quale Shakespeare era in grado di aprire qualsiasi cuore, i Sonetti presentano un lato inedito e affascinante del drammaturgo. Studiate a lungo dai critici alla ricerca di indizi sulla vita privata di un autore per molti versi ancora misterioso, queste poesie toccano tematiche profondamente ambigue ed irrimediabilmente umane tessute in un ordito di metafore fautrici di una fascinazione universalmente riconosciuta. Shakespeare riuscì nei sonetti a fondere le due opposte tendenze della cultura occidentale. Da un lato l’archetipo platonico incarnato in un essere umano nel quale convergono tutti i tratti della bellezza e dell’amore di ogni tempo; dall’altro la continua ed incessante trasformazione di questo archetipo nella mobilità fluttuante, ed inquietante, della natura.

14

Io non traggo i miei giudizi dalle stelle,
eppur mi sembra di capir l’astrologia,
ma non per predire buona o cattiva sorte,
pestilenze, carestie o volver di stagioni;
né so leggere il destino agli attimi fuggenti
segnalando a ciascuno tuoni, pioggia e vento
o a principi svelare se avran buona fortuna,
grazie ai presagi che raccolgo in cielo.
È dai tuoi occhi che traggo il mio sapere
e, astri costanti, mi dettan questo dire:
virtù e bellezza prospereranno insieme
se in fecondo vivaio trasformerai il tuo io;
diversamente tal profezia ti volgo:
la tua morte sarà fine di ogni virtù e bellezza.

Not from the stars do I my judgment pluck;
And yet methinks I have astronomy,
But not to tell of good or evil luck,
Of plagues, of dearths, or seasons’ quality;
Nor can I fortune to brief minutes tell,
Pointing to each his thunder, rain and wind,
Or say with princes if it shall go well,
By oft predict that I in heaven find:
But from thine eyes my knowledge I derive,
And, constant stars, in them I read such art
As truth and beauty shall together thrive,
If from thyself to store thou wouldst convert;
Or else of thee this I prognosticate:
Thy end is truth’s and beauty’s doom and date.

33

Quante volte ho visto un raggiante mattino
blandire le vette dei monti con occhio maestoso,
baciare i verdi prati con aureo volto,
dorare i pallidi ruscelli con celeste alchimia
e subito permettere ad oscure nubi di passare
con minacciosa furia sul suo divino aspetto
e nascondere il suo viso al mondo abbandonato,
fuggendo con vergogna furtivo ad occidente.
Proprio così il mio sole un mattino brillò
sulla mia fronte con esultante splendore;
ma ahimè, non fu mio che per un’ora,
una massa di nuvole or me lo ha nascosto.
Ma non per questo il mio amore lo disdegna;
i soli terreni si oscuran se il sole del cielo s’adombra.

Full many a glorious morning have I seen
Flatter the mountain-tops with sovereign eye,
Kissing with golden face the meadows green,
Gilding pale streams with heavenly alchemy;
Anon permit the basest clouds to ride
With ugly rack on his celestial face,
And from the forlorn world his visage hide,
Stealing unseen to west with this disgrace:
Even so my sun one early morn did shine
With all triumphant splendor on my brow;
But out, alack! he was but one hour mine;
The region cloud hath mask’d him from me now.
Yet him for this my love no whit disdaineth;
Suns of the world may stain when heaven’s sun staineth.

36

Lascia ch’io confessi che dobbiamo separarci
anche se il nostro amore è un uno indivisibile,
così quelle colpe che son soltanto mie
senza il tuo aiuto, le sopporterò da solo.
Nei nostri due amori vi è un comun sentire
anche se un’ingiustizia separa le nostre vite,
che pur non alterando il nostro sentimento
sottrae dolci momenti al piacere dell’amore.
Io non potrò mai più mostrar d’esserti amico
per timor che ti dian onta le mie colpe indegne,
né tu potrai onorarmi con palese simpatia
se non vorrai infamare la tua reputazione:
ma non rischiare questo: io ti voglio così bene
e ti sento tanto mio che mio è il tuo buon nome.

Let me confess that we two must be twain,
Although our undivided loves are one:
So shall those blots that do with me remain
Without thy help by me be borne alone.
In our two loves there is but one respect,
Though in our lives a separable spite,
Which though it alter not love’s sole effect,
Yet doth it steal sweet hours from love’s delight.
I may not evermore acknowledge thee,
Lest my bewailed guilt should do thee shame,
Nor thou with public kindness honour me,
Unless thou take that honour from thy name:
But do not so; I love thee in such sort
As, thou being mine, mine is thy good report.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*