È un giovane senza importanza collettiva, è soltanto un individuo

Louis-Ferdinand Céline, L’Eglise

Diario, Lunedi, 29 gennaio 1932.

M’è accaduto qualcosa, non posso più dubitarne. È sorta in me come una malattia, non come una certezza ordinaria, non come un’evidenza. S’è insinuata subdolamente, a poco a poco; mi son sentito un po’ strano, un po’ impacciato, ecco tutto. Una volta installata non s’è più mossa, è rimasta cheta, ed io ho potuto persuadermi che non avevo nulla, ch’era un falso allarme. Ma ecco che ora si espande. Io non credo che il mestiere dello storico disponga all’analisi psicologica. Nella nostra partita noi abbiamo a che fare soltanto con sentimenti completi, ai quali diamo nomi generici come Ambizione, Interesse. Tuttavia se avessi un’ombra di conoscenza di me stesso questo sarebbe il momento di servirsene. Nelle mie mani, per esempio, c’è un qualcosa di nuovo, una certa maniera di prendere la pipa o la forchetta. Oppure è la forchetta che adesso ha un certo modo di farsi prendere, non so. Or ora, entrando in camera mia, mi sono fermato di colpo sentendomi nella mano un oggetto freddo che attirava la mia attenzione con una specie di personalità. Ho aperto la mano ed ho guardato: tenevo semplicemente la maniglia della porta. Stamane in biblioteca, quando l’Autodidatta [Ogier P… di cui sì tratterà spesso in questo diario, era un usciere. Roquentin l’aveva conosciuto nel 1930 nella biblioteca di Bouville] è venuto a dirmi buongiorno, mi sono occorsi dieci secondi per riconoscerlo. Vedevo un volto sconosciuto, semplicemente un volto. E poi la sua mano, come un grosso verme bianco, nella mia mano. L’ho abbandonata subito e il braccio è ricaduto mollemente. Anche nelle strade c’è una quantità di rumori sospetti che strisciano. Dunque in queste ultime settimane si è verificato un cambiamento. Ma dove? È un cambiamento astratto che posa sul nulla. Sono io che son cambiato? Se non sono io allora è questa camera, questa città, questa natura; bisogna scegliere. Sono io, credo, che son cambiato: è la soluzione più semplice. Ed anche la più spiacevole, ma infine debbo riconoscere che sono soggetto a queste trasformazioni improvvise. Gli è che io penso assai di rado; perciò si accumula in me una piccola folla di metamorfosi senza ch’io ci badi, poi un bel giorno avviene una vera 8 rivoluzione. È questo che ha dato alla mia vita un aspetto angoloso, incoerente. Quando ho lasciato la Francia, per esempio, molta gente disse ch’ero partito per un colpo di testa e quando son tornato, bruscamente, dopo sei anni di viaggi, si sarebbe potuto parlare altrettanto bene di colpo di testa.

Jean-Paul Sartre,  1938, la nausée

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