Quel rossetto sbavato sulla parte destra del labbro , come il segno rosso del coraggio. Il tuo, che vivi a sinistra. In un altro mondo,  a ridosso delle Mille e una notte, nel regno dell’alba. Il suo Occidente sconosciuto, agli antipodi di Gerusalemme, su strani dorsi di crepuscolo: la sospensione dell’incredulità.  Valenze simboliche al dettaglio, per l’epica potenziale. E il sentire pirotecnico, da strega d’Oriente che aveva dimenticato la magia. Rivoluzione di una poesia antica che sfida il romanzo realista. L’intenso levante contro l’esteso ponente: una guerra passionale, di spilli, lenzuola e catapulte. La fantasia di un nuovo genere: contro ogni sensato pronostico, il tuo folle desiderio. L’unione, un’immensa repubblica in qualche dimensione ennesima. Dipingendo una Terra Promessa, impossibile da mantenere. Dolcezza feroce di quelle carezze, sul suo rosso tramonto, da latitudini sconosciute ad un avamposto tra le trincee. Dardeggiato da ogni parte, difficile. E sorridi dolcemente adesso, a quell’Occidente con le sue perfette ragioni: lei per le volte dipinte e tu sotto il cielo stellato. Perché non sei l’Oriente moderno, la tua anima è idiosincratica, sfasata rispetto alla linea del tempo. La barbarie uterina, femminile, recondita e irrazionale, d’oltranza e fuoco ardente che erompe improvvisa lungo le strade civili dei suoi monasteri.  Il tuo fanatismo nella sospensione dei possibili. Ma la realtà è la carne del  tempo, quel cuore incastonato in leghe ignote, che in qualche modo hai tentato di sciogliere, dimenticando il rispetto e il sacro confine. Il chiedere fatale e l’estro rivoluzionario, le implicazioni del bisogno e del bere a singhiozzi.  Serrate le porte di Ishtar con la ferocia della guarnigione assediata, godi la pace del tuo Oriente. L’altrove di natura tesse distanza, inesorabile madrepora nell’abisso che dolcemente ringrazia i tramonti di Ponente. Le spade riposte, una pace interiore che versa tributi, spazzando via le macerie. Si restringe il campo con un nuovo steccato. Un giorno forse cresceranno fiori gialli a Levante. L’abbraccio alla frontiera, tremante e furioso, in moviola mentale. Per il granito e le sue doti, e altri valori con cui non potevi convivere. Al fronte opposto, forse, un lungo identico istante d’inganno, per la tua fluidità e tutto lo stupore. La guerra è finita, nessuno ha vinto. Speranza è restare in un lembo di memoria come una qualche bellezza. Spero viva bene l’Occidente senza l’Oriente dietro l’angolo, che a suo modo cresce e prospera. Qui, dall’altra parte del fronte, l’aver provato emozioni quantiche e macroscopiche, infinite e infinitesime, è un lascito da innalzare e custodire. Di tutti i vizi di forma, i caduti in battaglia, l’incapacità strategica, e tregue, silenzi, passioni, ingerenze… è tutto quello che resta:  irripetibile, sconfinato, bellissimo.

Non c’è dono più prezioso per la poesia d’Oriente : esiste ancora la magia.

Un piccolo essere solo, su un piccolo pianeta, sposta di poco la sedia per vedere  il tramonto, ignorando l’Universo tutto.  Lo ripone poi, con tutto l’Occidente, in una scatola di cartone : sarà compagno di tutti i suoi viaggi.

Delia Cardinale

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