L’Arabia Saudita, in politica estera il miglior partner economico dell’Occidente, ricchissima di giacimenti petroliferi e formalmente impegnata nella lotta contro lo Stato Islamico, che semina il terrore in Siria e Iraq con periodiche incursioni in Europa. Una monarchia assoluta islamica, che stringe la mano ad Obama in tv: per la pace ovviamente e il comune anti-terrorismo a mano armata. Quanta gloria e nobiltà.

Se non fosse per il wahabismo, forma ultraconservatrice dell’islamismo sunnita, base ideologica del regime talebano in Afganistan e guarda un po’ dello stesso Stato Islamico.  Se non fosse per la dittatura ideologica, la repressione del dissenso e la polizia religiosa in giro per le città a controllare l’applicazione dell’ortodossia . Se non fosse che nei libri scolastici per bambini c’è scritto che tutti i cristiani, gli ebrei e i musulmani sciiti devono essere ammazzati, perché insultano Allah e i precetti della sharia: noi, invece, nella ridente Europa leggiamo i discorsi di Mandela, alle elementari. L’indottrinamento interno è capillare, perfetto: sorprendiamoci poi di come certi mostri ammazza-tutti, fedeli alla sahada, siano così giovani e profondamente convinti di agire nel nome dell’unico dio. Se non fosse per  decapitazioni e crocifissioni lungo le strade di Riyad, capitale dell’Arabia Saudita. Per le esecuzioni sommarie e i cadaveri dei “peccatori” appesi qua e là come monito. Se non fosse per il reato di apostasia. E proprio a Riyad c’è una bella piazza, grandissima, di un gradevole color arancio: qui avvengono le pubbliche umiliazioni e i pubblici massacri. La cosa sorprendente è che è stato progettato un meccanismo per lavar via il sangue dalla pavimentazione, oltre al divieto di filmare ovviamente. Diversi miliardi sono stati investiti dall’Arabia Saudita per diffondere il fondamentalismo islamico su scala globale. Per non parlare della condizione delle donne che non possono neanche guidare, sono costrette ad andare in giro coperte di nero dalla testa ai piedi e vengono considerate cittadini di serie B e maltrattate per strada. Non esiste turismo in Arabia Saudita: è difficilissimo entrarci come, probabilmente, uscirci. I media hanno proposto casi sporadici di esecuzioni ingiuste, soprattutto di personalità note, ma ogni giorno c’è chi vive questi orrori, la paura di destare il minimo ingiustificato sospetto. Vige ovviamente la pratica della confessione sotto tortura, al punto che lo sragionamento porta ad accettare qualsiasi tipo di colpa. Ed è una di quella realtà dove c’è chi muore di stenti e chi ingrassa, senza giustizia, libertà di parola e soprattutto senza possibilità di conoscenza. L’informazione è controllata e viene osteggiato qualsiasi tipo di pensiero che possa in qualche modo deviare le masse dalla sharia. Non solo è vietata la costruzione di luoghi di culto di altre religioni, ma addirittura il possesso di libri o simboli “sospetti”. Anche l’ascolto di un certo tipo di musica è proibito. Perfino la musica…

E gli Stati Uniti, L’Inghilterra: guai a perdere l’alleanza con l’Arabia Saudita, nonostante i sospetti di supporto al terrorismo globale e la barbarie del regime.  Il petrolio è troppo prezioso, anche se  sporco di sangue.

E c’è chi combatte, nonostante tutto: l’attivista Loujain al-Hathloul che si batte per i diritti delle donne, accusata di terrorismo e imprigionata o Raif al-Badawi, condannato a 1000 frustate e 10 anni di carcere per aver scritto sul suo blog frasi sulla libertà.

Per sei mesi due emittenti televisive, una britannica e l’altra americana, hanno filmato di nascosto la vita nella capitale del Regno Saudita, dando vita al documentario “Saudi Arabia Uncovered”: uno squarcio su ciò che forse noi occidentali non avremmo dovuto sapere. Vi invito alla visione.

Lo scrittore algerino Kamel Daoud scrive : “L’Arabia Saudita è un Isis che ce l’ha fatta”

Delia Cardinale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*