Il titolo dice già tutto.
Chi abbia avuto modo di incontrare personalmente Giorgio Canali, o di vedere qualche intervista, non ha dubbi nel leggervi i tratti distintivi e inconfondibili del suo carattere: l’ironia e l’irriverenza. E’ come se il cantautore di Predappio volesse ammonire noi ascoltatori: occhio, il materiale contenuto in questo album è roba di cui non siete degni. Una lettura in chiave ironica che, dal suo punto di vista, diventa auto-ironica: i miei fans sono dei porci e io gli sto dando in pasto delle perle.
Sì, perché il settimo album in studio che porta la firma di Giorgio Canali in collaborazione con la formazione dei Rossofuoco è una raccolta di cover che ripercorre una storia della musica (prevalentemente) italiana piuttosto alternativa a quella canonica, ma non per questo meno interessante.
“Perle per porci” contiene tredici brani rivisitati dal terzetto infuocato nel loro stile inconfondibile. Alcuni episodi sono stati così personalizzati da sembrare a tutti gli effetti delle canzoni di Giorgio Canali: penso, prima di tutto, a “Pesci e sedie” (traduzione di “Fish and chair” dei Corman & Tuscadu, band francese in cui militava anche Claude Saut, vecchia conoscenza dei seguaci dei Rossofuoco), “Tutto è così semplice” (Del semi-sconosciuto Macromeo) e la bellissima “Luna viola” di Umberto Palazzo e il Santo niente.
In altri momenti, come in “A.F.C.” di L’Upo, si sente una mano diversa dalla solita nel songwriting, tuttavia l’arrangiamento riesce a farla somigliare a qualcosa contenuta in “Nostra signora della dinamite” o in “Tutti contro tutti”.
A metà dell’ascolto qualcuno in più riconoscerà un’interpretazione – molto più rock dell’originale – di “Lacrimogeni” delle “Luci della centrale elettrica”, e subito dopo si lascerà scappare un sorriso per la versione scanzonata di “Mi vuoi bene o no?” con cui Angela Baraldi (altra vecchia conoscenza dell’ambiente che ruota attorno a Canali e all’area CCCP/CSI) vinse il Canzoniere.
Incredibile, poi, il senso di disorientamento che coglie l’ascoltatore nell’ascolto di “Storie di ieri”, dove si sente emergere con prepotenza lo stile di De Gregori, che qui in mezzo appare come un’isola sperduta in mezzo all’oceano e le isole, si sa, sono sempre un po’ scontrose e solitarie ma hanno un mare che non troverete mai sulla terraferma continentale.
C’è tempo ancora per la versione punk di “F104” di Finardi e per la chiusura, che torna gradualmente allo stile Canaliano, con “Gambe di Abebe” (Luc Orient) e la già citata “Luna viola”, vera perla dai toni dark.
“Perle per porci” è una lezione di musica indipendente, in attesa di un nuovo album di inediti del trio più sottovalutato del rock italiano.

Manlio Ranieri

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