Con la fronte appoggiata al finestrino reso opaco dal calcare della pioggia, pensava.

I piedi sulla valigia fucsia ed il cappotto arrotolato sulle ginocchia. Si sentiva accaldata e stanca. Il sole brillava e l’eclissi era finita, non l’aveva vista. Uliveti, distese di campi brulicanti di buste di plastica sventrate, le viscere di bottiglie, piatti e scarpe spaiate, i mandorli in fiore, il quadro di Van Gogh, i fichi d’india che costeggiavano le rotaie.

Il treno si fermò.

“Il semaforo è rosso”, urlò il macchinista mentre apriva le porte cigolanti e scendeva a cercare i frutti tra le braccia spinose e grassocce delle piante. Non ne avrebbe trovati se non d’estate. Il vagone ondeggiò mentre tutto ricominciava a scorrere piano, lentamente. I prati brillavano, piccoli pezzi di vetro si nascondevano tra l’erba piegata dalla bufera della notte prima.

Una cuffia rotta, i violini che si mescolavano al brusio, al rumore delle rotaie che copriva quello dei suoi pensieri. Qualcuno parlava, una voce squillante, ferma, con un incidere sicuro raccontava. Un paio di mani tozze si muovevano scandendo il tempo delle parole, poi si fermarono sulle ginocchia e sfiorarono il mignolo posato sul ginocchio accanto. Delle unghie laccate si aggrapparono alle dita, non volevano più lasciarle andare. Il loro discorso si perse nel vento freddo che scompigliava i capelli. Con una mano costringeva una ciocca a restare dietro l’orecchio mentre li vedeva baciarsi con gli occhi chiusi. Due piccole gocce di rugiada si lasciarono cadere dai lunghi steli delle sue ciglia, l’oscurità era tramontata, l’alba anche dentro di lei. Il treno si fermò di nuovo, poco distante un bambino. I palmi aperti per salutare i passeggeri sfiniti. Le labbra si mossero, appoggiò la mano sul vetro e lui allora le sorrise, mostrandole un dito medio.

La copertina: The passion of lovers, Bauhaus

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