L’agguato della donnola: estroso tributo al terrore bianco.  Il momento adiabatico di un passaggio viscerale. Solo. Com’è solo il noce nel castagneto in partenogenesi cerebrale. Dimenticava il dire nel tritolo del torace, in tutta quella compressione disumana. Il suo piccolo petto senz’ali. E tutta l’inutile e inafferrabile immensità. Là, accovacciata sull’orlo dei bicchieri ad insultargli il retino di carta straccia. E cade di punta la vecchia biro, sul marmo di tenebra. Muta. Ci fosse un modo meno cruento per liberarsi.  Il perionichio sempre infiammato, fosse di cemento quel dorso d’incomunicabile contro cui la mente s’ostina. Urlando silenzi nell’apnea emozionale. E c’è l’it, quella cosa. Un vento sfigurante, la cortina fumosa, la realtà velata come una vedova d’altri tempi. Esige rispetto, umiltà e capo chino. Ma lui vorrebbe sfinirla sui prati e dirle che è così stupido piangere.

Delia Cardinale

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