Questo cielo d’antrace e i pantaloni troppo larghi. Oltre le pareti prismatiche di CaCO3, senz’ossa come un cuore strappato al sistema eppure vivo, pulsante. Vermi sezionati che si rigenerano: ne innesco pochi millimetri, dalla coda. Il mio piccolo amo argentino nascosto da strisce cardiache. Pochi pesci nel mare, ma il tessuto strisciato dell’esca non si scioglie: è mutata nel tempo la sua struttura carnosa. Darwinismo dell’adattamento. Dimenticata la conchiglia su qualche spiaggia bianchissima: non ce n’è bisogno, non più. Il mollusco avvolto da un esoscheletro flessibile che sa indurirsi più di ogni guscio, all’occorrenza. Imparando l’utilità della scissione senza snaturarsi. Non voglio pasturare, né attrarre avanotti. Solo qualche re o regina da ricordare e innalzare. La commestibilità del cuore è selettiva come la più specializzata pesca sportiva. Guardando per ore l’orizzonte, gerridi o gabbiani: l’acqua è ormai corrotta, itterica, come le coscienze. Liquami industriali, surriscaldamento, ecosistemi in rovina: è la natura come la razza umana. Più rughe sulla fronte all’oggi: è sempre più opaca la supercifie delle cose. Rapporti, complotti, disinformazione, egoismo. Il microsistema specchio del macrosistema.  Una palude come l’oceano e il paese  un continente. È più faticosa la verità come la ricerca dell’hot spot, ma non si scoraggia uno spirito combattivo, cerca nuove armi e tecniche diverse. La realtà è una raffineria che genera prodotti sempre più artificiali. C’è il tonno in scatola e la convenienza, il poliestere, le bombe a tradimento, reti a maglia sottile. E si vorrebbe un modernissimo passato. Quando c’era più Amazzonia e le Madonne non erano anoressiche, ma con più rispetto e libertà, non solo su carta. L’eclittica solare come un’indifferente aureola sul tempo che scorre.

Una calma collera per tutto, aspettando l’abboccata.

Delia Cardinale


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