Non chiederti il motivo dei mondi.
Non sprofondarti nella geografia buia delle vene
per trovare l’origine segreta del sangue.
Non aprire il dizionario.
Le parole di frontiera devono restare bellissime
e incomprensibili
come viaggiatori stranieri seduti al bar con l’altrove nella pelle.
Non chiederti il significato delle poesie.
Non chiederti le strade del caso.
Ogni religione ha il suo ventre di fede.
Non preoccuparti di giusto e sbagliato.
Quella è roba da preti magistrati e filosofi.
Quando sarai a cena con un radical chic esterofilo
non chiedere al cameriere finto arabo gli ingredienti del kabsa.
Non calcolare le probabilità
prima della puntata.
A meno che non si tratti davvero di poker
non calcolare le probabilità prima della puntata.
Punta seguendo i presagi.
I ghirigori dei millepiedi sul muro nelle sere d’estate.
Le macchie di caffè sulla tovaglia.
Le lampadine fulminate.
I brividi.
Nel caso getta il tavolo per aria.
Ma non chiederti il motivo dei mondi.
Vai a inseguire le rane strane strane sull’orlo dei fossi alla foce verdenotte del fiume.
Raccoglile.
Baciale.
Sposale.
Vai a mordere i sogni sotto gli acchiappasogni delle roulotte.
Trema del loro allontanarsi in volo di mosca.
Vai a cercare la condanna nel malaugurio degli oroscopi.
La fine del mondo
nelle mani delle streghe di provincia piene di tarocchi e disperazione.
Innamorati al terzo sguardo
al quarto rigo
o al primo sorso.
Mentre la città impazzisce.
Mentre i cervelli dei ragazzi bruciano nei piatti
e i vecchi cenano a lume di manicomio.
Mentre tutto muore e si sfascia.
Non chiederti il motivo dei mondi.
Non chiedertelo.
Che l’attimo
possa prendere a picconate
lo stomaco.

 

Francesco Alfarano
Foto Clara Nebeling

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