E ritrovarsi così spesso a chinare il capo, come tornando dal fronte senza saper raccontare: pochi secoli in silenzio perchè le parole tornino a bastare.

Ma non brucia Babilonia…e il pazzo s’innamora di falene e palloncini. La bellezza dell’effimero un tempio sacro che s’innalza tra le macerie di una mente claudicante. E ne ha seppelliti di fiammiferi, versando fiumi di lacrime sulle lapidi-bastoncini di gelato sui marciapiedi. Deriso per le strade questo mio fratello: diceva ai crocevia di voler dichiarare guerra all’America. Urlando i nomi dei sette nani per non dimenticarli, chiedeva spiccioli ai passanti che lo scansavano: puzzava di piscio e gallerie. E l’ho visto avere fame ma comprare una palla rossa, attraversare una strada senza guardare e conservare in tasca vetri di bottiglia. C’è qualcosa di commovente nella pazzia, qualcosa che conosco. E parli pure la gente vestita di seta nei bar, sorseggiando bibite senza zuccheri aggiunti. Lui cerca di comunicare col mondo, ma non conosce le parole: vorrei dirgli che io un po’ le conosco ma non cambia poi molto. E sono un po’ come lui: assuefatta al randagismo e ai dettagli, al punto da perdere l’insieme e celebrare il frammento. Un grande poeta scrisse: “Bisogna essere pazzi, non sognatori, essere al di quà dell’assestamento, non al di là…” eccetera. L’unica vera differenza- o limite- credo sia la consapevolezza. Così ripenso alla mia di follia, a quello che ho visto e imparato, all’eroismo della solitudine, agli specchi rovesciati, ai graffi, a quello che ho perso e perderò, al corridoio bianco, a Kafka e al pirografo…ripenso a Stendhal e ai morsi in gola, alla Maga che non ritroverò, al rimosso che affiora, alla violenza di una carne malata, a tutte le volte in cui non sono stata compresa. Ripenso a mia madre…mia madre che mi ha accolta, nonostante tutto. Ripenso al mestiere di vivere che non ho mai imparato. Io sono quel pazzo. Gli chiedo di sua madre e leggo nel suo pianto un amore immenso. L’unico amore davvero eterno che trascende significante e significato, tutte le parole: il solo legame veramente naturale. E dice una madre: “Ti amo chiunque tu sia”. Il pazzo lo sa e piange e ride.

Ma non brucia Babilonia e lui torna a cercare pezzi di vetro sull’asfalto. Gli volto le spalle appesantite dal sentire, inondata. E mia madre è lontana ma non mi lascia mai, neanche se sono io a lasciarla, come feci tempo fa squarciandomi il petto.

Con tutto l’odio, tutto l’amore, l’immobilismo, la privazione…con i mostri che mi abitano le viscere e gli sbalzi sinaptici, con i voli pindarici e l’orgoglio cucito nei polsi, con l’irrefrenabile avidità di vita e morte e tutti gli eccessi, con le mani sporche e il cuore a pezzi…con tutto questo e molto altro, solo mia madre mi ha vista e…sempre e comunque amata.

Il pazzo mi sbircia dai cassonetti e indovina il sorriso che non gli ho ancora deciso.

Abbiamo così tanto da fare oggi: lui ha scelto di seguire un barboncino ed io…io inventerò una storia che non parli d’amore.

Delia Cardinale

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