Scegliere di strutturare un saggio letterario su una delle epoche (non solo) artistiche più intense e, al contempo, più abusate dalla critica letteraria può sembrare un atto dettato dalle più consuete ed estenuanti logiche di mercato. Riuscire a farlo con una preparazione e una consapevolezza accademica capace di non dimenticarsi mai di portare con sé tutto un inestimabile bagaglio di passionalità e predisposizione umanistica è ben altro conto, comune veramente a pochi.

Il modo in cui Gabriella Maldini mette nero su bianco il vastissimo e ineguagliabile reame della letteratura francese dell’Ottocento nel suo bellissimo saggio I narratori della modernità (edito da CartaCanta) risulta egregiamente consono alle aspettative di chi vive la propria passione artistica nel segno di una capacità immersiva totalizzante nei confronti della materia trattata.

Un simile elogio non può che scaturire proprio dalle dinamiche secondo le quali Maldini decide di passare in rassegna le opere degli arcinoti e principali luminari del genere (Balzac, Flaubert, Maupassant e Zola), una scelta contenutistica perfettamente consapevole di una larga parte di pubblicazioni esistenti ma abilmente in grado di operare un passo in avanti verso una più corposa definizione di stili e personalità (diverse ma complementari) come vero e proprio coacervo di padri fondatori del pensiero contemporaneo.

Non è poi così difficile (ma neppure scontato, per molti) identificare in quei quattro maestri i tratti fondamentali di una lungimirante consapevolezza nei confronti del proprio tempo, predisposizione che li porta tutti, ancora oggi (soprattutto oggi), a ricoprire il ruolo fondamentale di lettura dello spazio e dell’interiorità circostante. Guardare al passato per capire il presente e intravedere possibili scenari futuri, in fin dei conti. Certo, ma con una fondamentale predisposizione all’apertura verso orizzonti di senso recuperato. Perché il modo in cui Maldini pone in essere il discorso gioca a favore di una ulteriore (e forse migliore) attualizzazione della materia trattata proprio in luce della sua innata (e dimenticata) ultilità qui e adesso in funzione di domani.

Il viaggio compiuto da Maldini nella letteratura francese ottocentesca e, di pari passo, l’immersione nel rispettivo contesto di appartenenza propone un salvifico discorso incentrato sullo sprofondare, deliberatamente o forzatamente che sia, in una borghesia socio-politica materialista, superficiale e avidamente consumista con rispettive gesta di ribellione intellettuale che non può non farsi fisica laddove rappresenta la scintilla primordiale di ogni desiderio di realizzazione collettiva.

Ogni riferimento è tutt’altro che casuale sia nella realtà quotidiana che in quella successivamente letteraria, insomma, se si accetta di leggere le pagine de I narratori della modernità col più giusto e necessario spirito comparativo. Perché l’ipotesi e la paura di quel futuro oscuro e contraddittorio che sta al centro di tutte le opere e le menti poste in rassegna, oggi, traspare come tragico presente ideologico e morale, conoscendo a fondo il quale – proprio grazie alla scia contenutistica dei maestri di quel passato – sarebbe possibile, forse, affrontare ogni alba e ogni tramonto (in tutti i sensi, in tutte le allegorie ipotizzabili) con quel decisivo bagaglio di consapevolezza universale che troppo spesso manca.

Non è questo, in fondo, il ruolo della letteratura come dell’Arte per intero?

 

 

 

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