Imparo a non far rumore quando rientro a casa. Imparo a non lasciare traccia quando torno in quella che era la mia casa. Imparo a non dire buongiorno la mattina, quando mi sveglio, nè ciao quando esco. Imparo a non essere figlio di nessuno. Imparo a non essere nessuno.
Imparo a non scrivere più, perché qualsiasi cosa io scriva farà del male a qualcuno. Non c’è verso. Imparo a non rispondere ai messaggi che mi straziano. Imparo a non aspettare le risposte alle attese che mi straziano.
Imparo ad eclissarmi da una conversazione troppo brillante per me, per poterla sostenere, a mettermi in un angolino e sorridere desiderando di esserne all’altezza.
Imparo ad essere evanescente come il fumo di una sigaretta, soprattutto quando non sono all’altezza: perché il fumo, in fondo, va verso l’alto, e chissà di non arrivarci, prima o poi.
Imparo a non assorbire le radiazioni solari sulla pelle – dovessi suscitare qualche sospetto in Salvini – a non raccontarmi al mare. Imparo a non rispondere alle domande che non mi vengono fatte.
Imparo ad essere uno dei Proci, avete presete?
No: ovviamente non avete presente, perché dell’Odissea si ricordano le gesta di Ulisse, che si fece legare per non lasciarsi tentare dal canto delle sirene, e ci si ricorda di Penelope e della sua tela, celebre stratagemma usato per non cedere alle avances dei suoi pretendenti fra i Proci, appunto. Ma di loro, dei suoi pretendenti, cosa si ricorda? Li si pensa come dei personaggi viscidi, un po’ invadenti. Chi ci dice, invece, che fra i pretendenti di Penelope non ve ne fosse almeno uno sinceramente innamorato di lei? Uno che aspettava pazientemente che la tela fosse portata a compimento, e si lasciava prendere in giro dal suo inganno notturno perché, in fondo, l’amava davvero ed era disposto a non vedere la truffa?
Imparo ad essere lui. Il personaggio di cui non vi ricorderete mai, di cui Omero non cita neanche il nome.
Imparo ad essere un fantasma, di quelli che di notte non ti fanno dormire – si chiamano pensieri – o che ti vengono a dire “ti sarò vicino, ti piaccia o no”.
Imparo ad essere la luce della lampadina che non si accende, anche se non è fulminata, forse per colpa di un guasto sulla linea elettrica.
Almeno sarò lì vicino nell’ombra.

Testo di Manlio Ranieri
Photo credits:

unsplash-logoStefano Pollio

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