Stamattina ci vorrebbe una sigaretta.
Ci vorrebbe proprio, se solo non avessi già questo fuoco dentro, questo fuoco che divora tutto e mi lascia solo cenere al posto degli organi interni.
Osservo i fili per stendere i panni. Li dovrei cambiare, mi dico. Qualche mese fa ci ho appeso un costume da bagno e un telo da mare minimale, d’accordo, ma per un bucato intero – uno vero – non andrebbero decisamente bene, bisognerebbe farsi bastare quelle piccole aree non mangiate dalla ruggine e dal guano dei colombi. Lì c’è la predisposizione per la lavatrice. Qui dentro, invece, potrebbe andarci una poltrona letto. Singola, sì: tanto è solo un punto d’appoggio. Lo spazio c’è. E poi “un po’ di carta stagnola per addobbare a festa questa stanza di merda”.

Oggi sono pieno di mancanze: la festa del papà che non ho mai voluto essere, la festa del papà che non c’è più.
Tutti i “mi piace”, gli applausi silenziosi sulla piazza virtuale che sono destinati agli altri e non a me. Sarebbero importanti anche quelli, oggi che gli applausi reali, quelli che fanno clap-clap sono scemati. Avete presente, no? Quel momento in cui l’entusiasmo inizia a spegnersi: il primo, nel pubblico, decide che può smettere di battere le mani, e quello accanto, o due poltrone più in là lo vede e fa altrettanto; e così tutta la fila, e poi anche quella dietro, finché non rimane più nessuno a percuotere rumorosamente un palmo con l’altro, e gli attori si possono ritirare dietro le quinte, ché non ha più senso tenere il sipario aperto.
Una zeppola mangiata sulla via, mentre andavamo alla cascata, quando ancora le ferite erano delle bruciature che scalfivano strati di epidermide, quando non erano ancora arrivate così in profondità da distruggere la bellezza di un cielo limpido solcato dagli aerei che chissà dove andavano e chissà cosa pensavano i passeggeri, cosa vedevano di noi due, di quei due alberi in cui improvvisamente si era infilata un’anima, una personalità, una voce.

Ogni tassello mancante di questa giornata va a creare un puzzle, da qualche altra parte: un puzzle di quel che saremmo oggi se avessi imparato prima che posso essere una persona migliore, invece di restarmene qui a compiangere quel me stesso che diventava sempre più piccolo, sempre più squallido.
Potrei dipingere una tela della vita – anch’io che non so disegnare – piuttosto che lasciarlo fare a qualcun altro per me.

Testo e fotografia di Manlio Ranieri

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