Si svegliò di soprassalto.

All’improvviso quella ineluttabile sensazione di cadere nel vuoto, che spesso assale durante il sonno, l’aveva costretta a riemergere senza respiro.

Le capitava spesso di essere cacciata via dai sogni così bruscamente, quasi qualcuno la volesse lanciare nella realtà a spintoni.

Un po’ questo la indispettiva, soprattutto in una fase delicata della giornata come quella della sveglia.

Quella mattina, però il senso di vuoto continuò ad accompagnarla anche nel caffelatte e quasi iniziò a lasciarsi cullare dall’idea della caduta, del nuotare nell’aria senza appigli, dello sprofondare.

Lei che aveva sempre vissuto con i piedi ben ancorati a terra, percorrendo strade possibilmente già battute da altri, così da evitare spiacevoli sorprese.

Lei che aveva sempre progettato, programmato, preventivato, per non lasciare al rischio alcun margine di vantaggio.

Lei che era affezionata alle sue zavorre, quella mattina, iniziò ad accarezzare l’idea che in fondo perdere l’equilibrio avrebbe avuto il suo fascino.

Era solita pensare che bisogna sempre tenere il peso sui piedi e i piedi ben radicati nella terra … ma a volte spostare il peso e lasciarsi cadere può essere liberatorio.

Con le dita sporche di marmellata e l’odore di caffè ancora nelle narici sorrise pensando a quanta fatica aveva fatto in tutti quegli anni per tenersi in equilibrio tra il possibile e l’impossibile, tra il ciò che si deve e ciò che non si deve, tra il riso e le lacrime, tra il sollievo e la tensione, tra il respiro e l’apnea. Sempre legata ai suoi pesi per non cadere, in un eterno sforzo muscolare e di concentrazione.

Ma perché?

Proprio lì, davanti alle briciole del pane tostato, decise di farsi leggera, di abbandonarsi all’incerto, sospesa … mollò le zavorre e perse l’equilibrio …

 

Nicla Gadaleta

immagine di Rebecca Dautremer

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