Perché le parole d’amore, che son sempre le stesse,
prendono il sapore delle labbra da cui escono.

Guy De Maupassant
Bel-Ami

Antropologia pragmatica

Leggendo il Derrida di Politiche dell’Amicizia mi ero imbattuto in una sporadica citazione kantiana, alcune righe tratte dall’Antropologia Pragmatica, nelle quali si faceva riferimento ad un’infinita distanza da instaurarsi nei rapporti interpersonali; sicuramente nell’amicizia una distanza di tale sorta è indispensabile. Lo è per diverse ragioni, per una ragione morale, per una ragione pedagogica (tanto che anche L’Emile di Rousseau citerebbe una tale norma) e per una ragione di buon senso. Per quanto concerne la prima delle ragioni che ho sopra esposto, ovvero quella morale, distanti sono due amici che pur negli atti empirici della vita di tutti i giorni i quali portano inequivocabilmente alla breve vicinanza corporale, tuttavia seguono indefessamente un filo invisibile al quale entrambi autonomamente afferiscono che io chiamerei legge universale del bene o del male. Aderire perfettamente a questo schema superiore di norme e di principi lo si impara con il tempo e fa parte di ciò che definirei educazione etica dell’uomo. Questo tipo di educazione è tuttavia differente da quella propriamente pedagogica e dal buon senso vero e proprio, la pedagogia in quanto scienza del crescere rettamente si occupa dei primi nati e degli adolescenti che vanno adeguati all’uomo civile, ma la pedagogia non ha necessariamente a che fare con l’educazione morale, pur essendo legata indirettamente al buon senso. Come esempio per chiarire la differenza tra educazione morale e quella pedagogica immaginiamoci un qualunque sermone religioso, esso ha come oggetto delle idee che appartengono al campo della metafisica (come diceva Kant essa è il territorio del possibile) dunque sono termini che non hanno un riferimento nel mondo che ci circonda; se ci rivolgiamo ad un allievo facendoci portavoce di un simile sermone potremo educarlo moralmente oppure insegnargli a pensare o a dubitare, nel primo caso parleremo di Dio, Angeli, Santi, Paradiso, Inferno ecc.. convinti che esistano davvero dunque gli daremo dei principi morali esatti, nel secondo caso pedagogicamente gli daremo un modo per imparare ad ascoltare senza credere a ciò che viene detto. Nei rapporti interpersonali, così come nell’amicizia di cui parlava Kant, c’è un motivo morale perché sia così. La morale stabilendo principi esatti e veri, stabilisce distanze invisibili tra due conoscenti. Io Tizio, credo in Paperino, così facendo negli atti empirici quotidiani sono distante da Caio che non ci crede oppure che ci crede ma in maniera diversa, il solo fatto che uno stesso concetto assuma due rappresentazioni private differenti da soggetto a soggetto ci mette su due binari differenti. Altre distanze morali potrebbero essere quelle delle credenze religiose, dei voti politici, la morale mi rende infinitamente distante da chi mi sta vicino anche solo per un argomento di natura sessuale. Esempio di pedagogia e infinita distanza riguarda ad esempio l’avarizia connessa all’educazione al risparmio oppure il divieto caustico di bestemmiare. Queste dritte educative, proprio in quanto tali, non assumono un oggetto definito nei discorsi empirici, abbiamo spesso due amici che a tavola sono infinitamente distanti perché uno è abituato al coperto in carta l’altro a quello di seta. Uno rifiuta formalmente l’atto empirico del secondo, senza capire il motivo effettivo, perché è stato educato così. Il buon senso è quello che francamente, in questo mio concione pomeridiano, mi interessa di più spiegare. E’, come ho esordito sopra, una delle tre ragioni di quel senso di misura infinita tra due amici, è connesso alla morale e alla pedagogia. Il buon senso (quello che non era ne buono ne cattivo stando alle parole di Kant) è il perno di tutto l’impianto culturale umano. E’ la leva principale dalla materia bruta e selvaggia. Si parla di buon senso quando si vedono due attori che amoreggiano sul set (come quella volta che Nanni Moretti per toccare il seno alla Ferrari si era fatto due birre), oppure quando due attori di teatro da vicino si guardano e ridono solo per qualche secondo, il resto del tempo sono educati dal buon senso. Si parla di buon senso quando uno che ci conosce bene fa fatica a ridere perché abbiamo fatto una cosa che non avevamo fatto mai e non si ride, non si deve ridere, per l’infinita distanza e per il suo terzo figlio, il buon senso appunto. La maschera attoriale è fondata sul buon senso, Carmelo Bene che viene intervistato ubriaco e si difende dopo che ha malmenato la moglie, si attiene ancora al buon senso. Percepire l’atto educativo del buon senso è roba di tutti noi, ma c’è chi evita questo dettame è finisce per sconfinare nell’oltre-umano, la psicosi schizofrenica in cui si fa veramente fatica a mantenere quella infinita distanza kantiana, mi chiedo poi come abbia fatto lo stesso Kant a mantenerla, uno che si alternava in lezioni di carattere differente dalla geografia alla metafisica e che per vedere il mondo andava solo al porto di Konisberg. Come faceva uno che era sicuramente vergine sessualmente a mantenere un’infinita distanza non tanto dagli altri quanto da se stesso, conciliare la forza del suo sistema trascendentale con la debolezza del suo membro mai utilizzato. E come faceva poi a restare sereno, quella fronte così ampia per il pensiero nel ricordo di Herder, non avendo mai conosciuto la vita vera del corpo, quella che delinea definitivamente il vero dal falso, il mondo nella sua positività e le fantasie di un represso. Non offendiamo Kant e continuiamo a seguire pedagogicamente la sua massima. Dunque c’è chi evita le regole del buon senso sconfinando nel territorio incompreso delle patologie psichiche. L’individuo normale, colui che è capace di seguire le tre ragioni connesse all’infinita distanza, non è uno schizofrenico, dunque non è tutto istinto, riesce tranquillamente a seguire il buon senso e a gestire lo stress, come dicono quelli del collocamento. La schizofrenia non potrebbe essere un’infinita distanza perché gli psicopatici non riescono nemmeno a stabilire un muro da se stessi e con ciò si abbandonano a atti osceni in luogo pubblico (come Stefano Accorsi che in Caos Calmo si lamenta con Moretti della sua voglia continua di masturbarsi), a parole a ruota senza freni di sorta, a pensieri comunicati direttamente sul nascere, senza buon senso alcuno. E’ triste dire che possono essere veri amici soltanto gli individui non affetti da patologie psichiatriche. Sono pieni i bus di bambinoni che inizialmente ci sorprendo per la loro bonarietà poi ci spaventano perché invadenti e troppo diretti, appiccicosi. Come ho detto sopra il buon senso si impernia direttamente sulla materia bruta pre-civile e con esso viene superata, non hanno molto buon senso quei selvaggi che appena ci vedono fuggono. Il buon senso, inoltre, ha un legame fortissimo con il senso del comico. Il comico, essendo una scintilla che nasce quando si incendiano i legami naturali della ragione, accade quando due persone si guardano negli occhi e dopo un po’, uno ride perché non c’è un filo dritto passato di razionalità e buon senso. Ma è proprio grazie al buon senso che si evita il riso, quello degli attori sul set, l’imbarazzo tra due che amoreggiano, il prete che ai nostri peccati vorrebbe ridere ma non lo fa per il buon  senso legato alla sua formazione teologica. Riportiamo il buon senso agli atti empirici quotidiani. L’infinita distanza di cui parla Kant è quella che si realizza tra due amici in un momento qualsiasi del giorno in comune, ad esempio io sono con un amico che si parla di mia sorella davanti ad una fotografia, il buon senso connesso alla regola morale rispetta ciò che è di chi vuoi bene insieme alla regola pedagogica mantieni un certo riserbo nel giudizio delle cose altrui ci porta ad essere privatamente nella nostra psiche distanti dal pensiero proferito verbalmente ammazza che ci farei a tua sorella. Non è filosofia spicciola, ciò pertiene alla natura comune dell’uomini. Quasi sempre, nelle relazioni interpersonali, c’è una comunicazione di queste tre aree, con il buon senso che limita i proferimenti inattesi e ci fa sembrare distanti. Il buon senso è di tutta la commedia e di tutto ciò che porta uno scontro tra chi è in alto e chi è in basso oppure tra chi è su due direttive psichiche differenti. E’ difficile stabilire un’infinita distanza tra un individuo normale ed uno malato, lo è tra un ricco e un povero, tra un intellettuale e un facchino, tra chi è timido e insicuro (grave difetto per attivare il buon senso!) e chi è rappresentante di commercio.

Il familismo irrazionale

Familismo irrazionale è un termine che ho sentito per la prima volta molto tempo fa, ne parlava un amico di un mio amico. tra loro sicuramente distanti, riferendosi ai suoi familiari, il padre ingegnere, che non apprezzavano abbastanza la vocazione astratta e filosofica del figlio, tant’è che lui si spostò e andò a vivere da solo vittima dell’irrazionalità della famiglia, dei legami familiari, del familismo irrazionale. Il legame presente tra l’infinita distanza, che tutti dovrebbero mantenere, per avere dei rapporti di amicizia nobili e scevri di invadenza, e il familismo irrazionale è molto forte, soprattutto in quegli atti empirici di vicinanza tra padri e figli, tra madri e figlie ribelli. Una volta ho sentito in televisione uno psichiatra che sosteneva la difficoltà intrinseca all’atto educativo tanto da renderlo spesso impossibile se non c’è da parte dei figli un consenso, spesso dimissionario. L’educazione, così come la distanza che deve essere stabilita tra genitori e prole, si basa su dei principi teorici che sono connessi all’atto bonario del buon senso, se quest ultimo non funziona allora c’è il riso, l’abolizione della distanza infinita, la rottura della gerarchia; perché definirlo familismo irrazionale? cosa c’è che non torna razionalmente? perché spesso ridiamo o al contrario ci infervoriamo per  l’incomprensibilità dei comportamenti dei nostri genitori? La loro educazione si basa su dei principi, che loro hanno a loro volta sperimentato sulla loro pelle dai loro genitori, spesso desueti o inattuali, spesso inadeguati ai tempi contemporanei ai loro figli. Ciò che è essenziale sotto questo aspetto non è tanto l’irrazionalità dei principi dei nostri genitori riguardo alle abitudini dei loro figli, che vivono in un altro momento storico, quanto i legame con la temporalità. La temporalità che si dipana nell’arco di una giornata tipica di un figlio a contatto con il padre provoca il riso per l’irrazionalità dei principi genitoriali ed è collegata all’infinita distanza. Ricapitolando. il familismo è irrazionale perché inadeguato alla giostra temporale nella quale si dovrebbe stabilire un’infinita distanza. Questa inadeguatezza, non funzionando bene il buon senso, porta al riso perché ci sembra quasi che non ci sia spazio per la morale dei genitori. Sicuramente un genitore è diverso dall’altro, ogni genitore ha un grado intellettivo diverso, ma quasi sempre viene a instaurarsi un’ inadeguatezza di fondo dovuta al fatto che c’è un contrasto tra temporalità moralità. Risulta chiaro ora perché anche la funzione della ragione morale è messa a dura prova, insieme al buon senso. Negli atti empirici di tutti i giorni, a partire dal desinare, all’aiuto nel lavoro individuale, all’educazione sessuale l’infinita distanza tra genitori e figli è di difficile attuazione e porta spesso al riso. Ho parlato dei genitori, il discorso peggiora parlando dei nonni. Nanni Moretti in Sogni D’oro, prende a schiaffi sua madre, perchè? Se restiamo a Moretti, la stessa cosa accade in Ecce Bombo, questa volta ad essere vittima è il padre, e anche qui il tentativo di stabilire una distanza fallisce quando il padre chiede al figlio se hanno gli stessi gusti in  materia di ballerine, Michele Apicella resta a bocca aperta. Moretti prende a schiaffi sua madre perché fa discorsi da autobus ovvero si limita a riporta il pensiero altrui in maniera non discussa autonomamente. questo perché è di altri tempi oppure per educazione non le è stato insegnato a pensare con la testa propria. Questa forbice di insegnamenti morali tra la generazioni della madre che nella temporalità è a suo agio e quindi può applicare bene il buon senso, e la generazione di Michele Apicella che invece non è suo agio provoca non riso bensì nevrosi e violenza. Quando ho deciso di scrivere queste cose sul familismo irrazionale ho avuto in mente come prima cosa quella scena del film. Il problema della distanza da stabilirsi tra genitori e prole riguarda prima di tutto la morale e gli insegnamenti, da qui poi si approda al buon senso e poi al duello con la temporalità.

Robinson Crusoe

Concludo  con un riferimento letterario che, come tutti sappiamo, è l’emblema della vita solitaria. Questa solitudine che ricerca il protagonista, un avventuriero che decide di imbarcarsi per un mare esempio di educazione e speranza, è anche la solitudine dal proprio padre; nella prima parte del romanzo è il padre ad esortare il figlio ad una vita media, fatta di ritmi controllati, senza eccessi ne in altezza ne per andare sotto terra. Quella vita, fatta di una temporalità inadeguata che portò il protagonista del racconto a seguire il suo buon senso e a cercare il rischio, fino alla solitudine in un’isola disabitata, rende impossibile quell’infinita distanza di cui parlava Kant, e nell’esempio di Crusoe tutti quanti dobbiamo cercare un nuovo amico, che sia pure Venerdì, con il quale stabilire, in definitiva, una vera amicizia.

Una riflessione di Giovanni Sacchitelli

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