Tu l’ignori mia vergine il tuo corpo ha nove porte | Ne conosco sette e due mi sono nascoste | Ne ho aperte quattro vi sono entrato spero di non uscirne più

Guillaume Apollinaire

Se volessimo ogni giorno stabilire il perché di ogni nostra singola azione finiremmo come l’asino di Buridano e nella sua indecisione costituzionale finiremmo per fare un bel niente (celebre esempio dell’asino che, in mezzo a due fasci di fieno, morirebbe di fame per l’incapacità di determinare la scelta. Fu ripreso da Dante: «intra due cibi, distanti e moventi – d’un modo, prima si morria di fame – che liber uom l’un si recasse ai denti» (Par., IV, 1-3). Attribuito al filosofo Buridano, l’aneddoto non si trova nelle sue opere, né gli appartiene). Ogni singolo attimo della nostra esistenza altro è che un eterno ripetersi dell’identico, come se mai ci fosse un autentico cambio di registro, che muti in definitiva la nostra essenza. Così talvolta durante l’adolescenza o l’infanzia ci si deve chiedere la motivazione di una scelta di un libro di fiabe, perché uno e non l’altro, perché propri a Maggio  e non Aprile, la tendenza giusta sarebbe  quella dell’eroe della fissità, Jean Floressas Des Esseintes, che nel suo essere à rebours, crolla nevroticamente davanti al dubbio di ordinare i volumi scelti della sua biblioteca (aveva le “braccia madide di sudore” citando Huysmans). La nevrosi è certo un risultato da tenere in considerazione quando si perla di scelta, in modo particolare la nevrosi del controllo della realtà, avere tutto a disposizione, sempre, come Dio o come una piovra. Perciò, come ho iniziato a dire all’inizio dell’articolo, la scelta è fondamentalmente atemporale nella sua radice di significato; se infatti potessimo guardarci dall’esterno e giudicare con sguardo severo noi stessi mentre sfogliamo topolino o “donna moderna”, capireste il mio discorso. La mente umana impregnata dei giudizi e delle conoscenze sociali prevede uno sviluppo nel tempo della persona e del suo proprio dominio concettuale e valoriale, la mente invece (non a una dimensione come dicevano i Francofortesi e in particolare Marcuse) naturale non prevede alcuna temporalità. Le scelte non sono propriamente scelte e come se tra gli scaffali ci fossero tanti piccoli Poe, Platone, Swift, Melville e il suo odioso spermaceti, Mallarmé che ci guardano con i loro monocoli e ci studiano, anche loro. Questo che faccio è sicuramente un discorso personale, come in ogni articolo che ho compilato per questa piccola testata colorita. Ogni discorso universale nasce da un particolare inquieto. Stamattina mi sono svegliato e ho pensato, ma questo lo faccio quasi sempre, sono del segno della Vergine ed esso ha proprio come caratteristica fondante l’istinto razionale, ovvero il reagire agli stimoli esterni catalogandoli subito, quindi sguardo fermo e mani in pugno, per la paura di abbandonarsi al caso maligno. Si dice che in quelli della Vergine la parte razionale sia quella più sviluppata, perciò sono freddi e calcolatori, ma anche al contrario irrazionali e impulsivi, tutto vero per quanto mi riguarda, per questo anche il discorso sulla scelta e sulla nevrosi. Tralasciando la psicologia, stamattina mi sono svegliato e ho pensato al motivo per il quale guardavo i bianco e nero di Berengo Gardin oppure il servizio di Mimmo Jodice sui marmi di Canova, ne ho concluso che lo facevo per appiccicare un adesivo alla mia bruta persona provinciale, ma non c’è bisogno di ragionamenti, istintivamente lo so da sempre, per questo durante i miei studi di Filosofia ho deciso di guardare i quadri, perché erano un modo per elevarmi dalla mia natura eccessivamente pragmatica. Dunque io so il motivo della mia scelta, il punto è la temporalità, se avessi avuto le stesse idee nella testa avrei potuto anzi avrei dovuto farlo quando avevo tredici anni o anche prima. Non c’è uno sviluppo lineare, possiamo leggere Poe e il suo barile di Amontillado anche quando non sappiamo che la vita è grottesca, quando siamo ingenui, “piccoli”. Potrei continuare questo discorso in infinitum tuttavia parlo di Carla Cerati. Scoperta casualmente stamattina, nudi stupendi, di sotto alcuni estratti dal sito personale e una mini galleria fotografica.

Una riflessione  di Giovanni Sacchitelli (Foggia, 1988)

Biografia di Carla Cerati estratta dal sito personale:

[Carla Cerati nasce a Bergamo nel 1926, a pochi anni di distanza dalla nascita di Diana Arbus e Richard Avedon. Verso la fine della guerra, intendendo divenire scultrice, Cerati prepara l’esame d’ammissione all’Accademia di Brera passandolo con successo. Tuttavia, le aspettative famigliari dell’epoca la spingono a scegliere la via del matrimonio e così, nel 1947, a 21 anni, Cerati si sposa, rinunciando ad una carriera artistica. Negli anni che seguono, Cerati aiuterà economicamente il marito lavorando come sarta, prima a Legnano e poi a Milano, dove la coppia si trasferirà nel 1952. Verso la fine degli anni ’50, avendo ormai smesso di lavorare come sarta, Cerati scopre la fotografia, mezzo che inizia ad esplorare in ambito famigliare, ritraendo i suoi bambini e la sua cerchia di amici. Riconoscendo il suo talento, il padre le vende una delle sue macchine fotografiche professionali – una Rollei – che Cerati pagherà a rate e con la quale scatterà le sue prime pellicole professionali. Nel 1960, Cerati chiede il permesso di fotografare le prove dello spettacolo Niente per amore, messo in scena da Franco Enriquez, al Teatro Manzoni di Milano. Le sue foto piacciono a Enriquez, il quale gliene chiede subito alcune da dare in stampa ai giornali. Senza sapere ancora come si sviluppa un rullino, Cerati diventa quindi fotografa professionale…]

Per saperne di più visionare:

http://www.carlacerati.com/biografia/

 

Galleria fotografica

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