L’acquisto della parola

8. 13. Dall’infanzia, procedendo verso l’età in cui mi trovo ora, passai dunque nella fanciullezza, se non fu piuttosto la fanciullezza a raggiungermi succedendo all’infanzia. Quest’ultima non si ritrasse certamente: dove svanì? Tuttavia ormai più non era. Io non ero più un infante senza favella, ma ormai un fanciullo loquace, ben lo ricordo. Del modo come appresi a parlare mi resi conto solo più tardi. Non mi ammaestrarono gli anziani, suggerendomi le parole con un insegnamento metodico, come poco dopo per la lettura e la scrittura; ma fui io stesso il mio maestro con l’intelligenza avuta da te, Dio mio, quando con gemiti e molteplici grida e molteplici gesti degli arti volevo manifestare i moti del mio cuore, affinché si ubbidisse alla mia volontà; ma ero incapace di manifestare tutta la mia volontà e a tutti coloro che volevo. Afferravo con la memoria: quando i circostanti chiamavano con un certo nome un certo oggetto e si accostavano all’oggetto designato, io li osservavo e m’imprimevo nella mente il fatto che, volendo designare quell’oggetto, lo chiamavano con quel suono. Che quella fosse la loro intenzione, lo arguivo dal movimento del corpo, linguaggio, per così dire, comune di natura a tutte le genti e parlato col volto, con i cenni degli occhi, con i gesti degli arti e con quelle emissioni di voce, che rivelano la condizione dell’animo cupido, pago, ostile o avverso. Così le parole che ricorrevano sempre a un dato posto nella varietà delle frasi, e che udivo di frequente, riuscivo gradatamente a capire quali oggetti designassero, finché io pure cominciavo a usarle, dopo aver piegato la bocca ai loro suoni, per esprimere i miei desideri. Giunsi così a scambiare con le persone tra cui vivevo i segni che esprimevano i desideri, e m’inoltrai ulteriormente nel consorzio procelloso della vita umana, dipendendo dall’autorità dei genitori e dai cenni degli adulti

A scuola: busse e derisioni degli adulti

9. 14. Dio, Dio mio, quali inganni soffrii allora, quando, fanciullo, mi veniva indicata come norma di vita retta l’ubbidienza a chi voleva rendermi prospero nel mondo ed eminente nelle arti linguacciute, provveditrici di onori e ricchezze false tra gli uomini! Fui affidato alla scuola per impararvi le lettere, di cui, meschinello, ignoravo i vantaggi; eppure erano busse, se ero pigro a studiarle. Era un sistema raccomandato dai grandi, e molti fanciulli prima di noi, menando quella vita, avevano aperte le vie penose ove eravamo costretti a passare, moltiplicando la fatica e la sofferenza dei figli di Adamo . Vi trovammo per altro, Signore, alcuni uomini che ti pregavano, e da loro venimmo a conoscere, per il poco che potevamo intenderti, la tua esistenza, quale di un essere grande, che può darci ascolto e soccorso anche senza manifestarsi ai nostri sensi. Così, fanciullo, incominciai a pregarti,soccorso e rifugio mio . Scioglievo per invocarti i nodi della mia lingua, ti pregavo, piccoletto ma con non piccolo affetto, che tu mi evitassi le busse del maestro; e se non mi esaudivi, non certo, riguardo a me, per un fine stolto , gli adulti e persino i miei genitori, i quali non volevano che mi toccasse alcun male, ridevano dei colpi che ricevevo e che costituivano allora per me una sofferenza ingente e grave. 9. 15. Esiste, Signore, un cuore così grande, unito a te da straordinario amore, esiste, dico, un uomo, poiché a tanto si può anche giungere per una sorta di follia; esiste dunque alcuno, che, per essere unito devotamente a te, provi un’emozione così intensa, da fare poco conto di cavalletti e unghioni e altri simili strumenti di tortura, che in ogni parte della terra la gente atterrita ti scongiura di poter evitare; eppure nutra dell’amore verso questi altri, che ne provano un aspro terrore? Non altrimenti i nostri genitori ridevano dei castighi inflitti a noi fanciulli dai maestri. Noi infatti non li temevamo meno delle torture, né meno t’imploravamo di risparmiarceli; eppure mancavamo o nello scrivere o nel leggere o nello studiare meno di quanto si esigeva da noi. Non che mi difettasse, Signore, la memoria o l’intelligenza: tu me ne volesti dotare a sufficienza per quell’età; ma mi piaceva il gioco e ne ero punito da chi, a buon conto, non si baloccava meno di me. Senonché i balocchi degli adulti sono chiamati affari, mentre quelli dei fanciulli, per quanto simili, sono puniti dagli adulti. E alla fine non c’è pietà per i fanciulli, o per gli altri, o per entrambi. Un giudice onesto potrebbe approvare le busse che mi si davano, poiché, se da fanciullo giocavo alla palla, il gioco m’impediva di apprendere rapidamente le lettere, grazie a cui da grande avrei eseguito più tristi giochi. Ma proprio chi mi dava le busse, agiva diversamente? Se un collega d’insegnamento lo superava in qualche futile discussione, si rodeva dalla bile e dall’invidia più di me, quando rimanevo sconfitto dal mio compagno di gioco in una partita alla palla.

Disubbidienza dello scolaro per amore del gioco

10. 16. Con tutto ciò io peccavo, Signore Dio, ordinatore e creatore di quante cose esistono nella natura, dei peccati ordinatore soltanto. Signore Dio mio, peccavo contravvenendo ai precetti dei miei genitori e dei miei maestri di allora, perché più tardi avrei potuto giovarmi in bene dell’istruzione letteraria a cui i miei, qualunque motivo li ispirasse, volevano che attendessi; né allora disubbidivo scegliendo di meglio, ma per amore del gioco, amando le vittorie esaltanti nelle gare e lo strisciare di favole irreali nelle mie orecchie, che vi eccitava un più ardente prurito. La stessa curiosità mi sfavillava ogni giorno più negli occhi e mi trascinava agli spettacoli, giochi di adulti, che pure, chi li organizza, eccelle e fruisce di tale considerazione, da auspicarla solitamente anche per i propri figli senza per questo rammaricarsi della punizione che toccano, se dagli stessi spettacoli si lasciano distrarre dallo studio, il mezzo con cui sperano di condurli a organizzare gli spettacoli. Guarda, Signore , con misericordia a queste incoerenze e libera noi  che ora t’invochiamo; liberane pure coloro che ancora non t’invocano, sì che possano invocarti ed esserne liberati.

Sant’Agostino – Le Confessioni – Libro primo nascita, infanzia e fanciullezza

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