Un robot non deve provocare danno all’umanità sia tramite la sua azione che tramite un comportamento passivo. [aggiunta in seguito] 1Un robot non deve ferire esseri umani o tramite la sua non azione consentire un danno agli stessi.
2Un robot deve obbedire agli ordini degli esseri umani eccetto quando questi siano in contrasto con la prima legge.
3Un robot deve agire per proteggere la sua stessa esistenza fintanto che tali azioni non siano in contrasto con le prime due leggi.

Isaac Asimov Handbook of Robotics

I primi robot

L’idea di realizzare dei sistemi meccanici autonomi ed intelligenti è abbastanza antica e rappresenta la sintesi tra il sogno di imitare la Natura e il bisogno di costruire macchine utili alla vita e al lavoro. La presenza di automi, cioè di esseri artificiali, rappresenta una costante che attraversa uniformemente tempi e culture diverse. Ovunque se ne trovano tracce: basti pensare al Golem del folclore ebraico (statua di argilla creata dai fedeli e animata dalle danze e dalle preghiere) o al Tupilak delle leggende di Canadesi (un’entità soprannaturale creata da uno stregone e “programmata” per combattere dei nemici).
Gli automi sono presenti già nella mitologia: ai tempi di Omero il primo creatore di “macchine” fu Efesto, dio del fuoco, a cui era attribuita la costruzione di macchine semoventi, servi meccanici e tavoli che si muovevano di propria volontà. Tra il mito e la storia è Dedalo, padre di Icaro, a cui la mitologia attribuisce la capacità di “infondere” il movimento agli oggetti che creava. Dedalo segna l’origine della lavorazione dei metalli, delle regole dell’architettura e delle prime statue lignee che, secondo la tradizione, muovevano automaticamente occhi, braccia e gambe.

Tra il V e il IV sec. a.C. il mondo del mito lasciò progressivamente il passo alla scienza e anche gli automi divennero prodotti dell’uomo. In età ellenistica, intelletti del calibro di Archimede ed Erone fornirono un grande contributo alla rivoluzione scientifica e tecnologica: molti dei principi di fisica, matematica, meccanica e astronomia cui diedero vita sono validi ancora oggi. L’eolipila o sfera di Eolo di Erone, per esempio, è un interessante strumento che mostra come l’energia termica possa essere trasformata in energia meccanica. Essa è il precursore delle macchine a vapore: sfrutta infatti la pressione derivante dal riscaldamento dell’acqua all’interno di una sfera metallica per generare un movimento.

Anche gli autori arabi concepirono dispositivi complessi. Tra il 1204 e il 1206 Al-Jazari, il celebre scienziato arabo cui si deve il Libro della conoscenza dei meccanismi ingegnosi, oggi considerato il culmine della meccanica araba, elaborò numerosi progetti di carattere “robotico”.
In Giappone, i Karakuri risalgono alla cosiddetta “Era di Edo”, il “Rinascimento” giapponese, collocata fra il 1600 e il 1867: non è certo un caso che oggi la patria della robotica sia il Giappone. La stesura dei manuali necessari alla costruzione di queste bambole, create per divertire sia i nobili sia la popolazione, rappresenta ancora il fondamento dell’odierna cultura ingegneristica del Giappone.

Occorre un salto di diversi secoli per giungere a quello che si ritiene il primo, compiuto progetto di robot umanoide dell’età moderna: esso si deve a Leonardo da Vinci e porta la data del 1495. Per quanto ne sappiamo, il cavaliere meccanico progettato da Leonardo era in grado di compiere movimenti del busto, degli arti, del capo; non siamo in grado di dire se tale idea sia rimasta allo stato di progetto o se essa abbia trovato un’effettiva realizzazione. Colui che invece realizzò il primo robot funzionante a noi noto fu Jacques de Vaucanson, che nel 1738 fabbricò un androide suonatore di flauto in grado di prodursi in movimenti complessi, altra sua celebre creazione fu l’anatra meccanica, in grado di mangiare e defecare. Tra il 1768 e il 1774 Pierre-Louis Jaquet-Droz e suo figlio Henry  costruirono una serie di automi ed oggetti meccanici, oggi visibili al Musée d’Histoire di Neuchatel:

  • Charles: uno scrivano capace di scrivere un testo di 40 lettere, andare a capo, lasciare spazio, intingere la penna nel calamaio.
  • Henry: un disegnatore che può eseguire quattro diversi schizzi a matita: un bambino con una farfalla, un ritratto di Luigi VX, i profili di Giorgio III e della moglie Charlotte di Mecklenberg e un cagnolino.
  • Marianne: una giovane intenta a suonare un organetto a canne. E’ in grado di eseguire cinque melodie differenti seguendo con gli occhi la tastiera. Inoltre “respira” tramite un sistema di mantici che le fa alzare e abbassare il petto, e compie tutta una serie di movimenti del capo che ne accrescono l’effetto di notevole realismo.

Tra i pezzi storicamente memorabili, va menzionato anche il Suonatore di Salterio, costruito nel 1780 dai tedeschi Roentgen e Kintzing per la regina Maria Antonietta. Nel 1769 Wolfgang De Kempelen, un inventore Ungherese al servizio della imperatrice Maria Teresa di Vienna, sviluppò il giocatore di scacchi, un meccanismo apparentemente in grado di giocare automaticamente a scacchi, ma in realtà animato tramite un sistema di leveraggi interni da un giocatore umano nascosto all’interno del congegno. A Kempelen si possono ricondurre numerosi contributi in termini della ricerca in robotica compresa la macchina parlante, descritta nel Mechanismus der menschlichen Sprache nebst Beschreibung einer sprechenden Maschine (1791). Tali proto-automi, tuttavia, restavano meccanismi non programmabili, e di fatto non autonomi.

Fonte e approfondimenti su

http://www.progetto-e-robot.it/?page_id=72#

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*