Per tutto ciò che esiste e non sarebbe mai esistito, dai sacchetti di plastica al nucleare, il gender, gli aromi artificiali, l’etica e i peccati,il bisturi, lo xanax, gli zoo e i valori bollati. Il tutto da un accidente. Fossimo rimasti ai vocalizi sugli alberi, al gregariato ancestrale, ai bisogni primordiali… la morte nella vita e mai eccidi  o complottismi, povertà, smog e inquinamento luminoso, acustico, da idrocarburi, monossidi o convenzioni. Mai mattatoi, allevamento intensivo, strutture e sovrastrutture. Niente dei, gabbie, elettricità o regni.  Partorimemmo accovacciate e avremmo famiglie numerose anche se saremmo molti di meno. Questo sdegno episodico per il cronachismo è quasi ridicolo. Eppure siamo nel tempo e nello spazio, se pure in sospensione. Il dovere dell’adattamento, l’economia, l’identità. E non posso fare a meno di pensare alla scena di un film: una drogata che si sta disintossicando e come esercizio mentale disegna su un rotolo di carta igienica un trattino per ogni mille anni da che si suppone  sia nata la Terra. Scorre il rotolo sotto la biro, milioni di trattini.

L’umanità non è che uno strappo di carta igienica.

Sembra assurdo, a pensarci. Non c’è filosofia o scienza o fede che può negare questa realtà, ma c’è un certo egotismo di specie che ci porta a dimenticarla. Perché, dall’individuo al genere, vogliamo sentirci importanti. Restare, in qualche modo. Per questo l’arte, i monumenti  e la pazzia.

Delia Cardinale

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