Mia nonna si chiamava Esterina, veniva da un piccolo paesino fra i monti della mia terra e ogni mattina alle prime luci dell’alba si infilava un paio di stivali marroni logori, lacerati dal tempo e dalla fatica quotidiana e andava a lavorare i due ettari di terra che i suoi genitori, entrambi contadini, le avevano lasciato.


Sbattono persiane al vento le mie ossa,
chiamano la terra che con sé mi porta.

Dicono di me che sono acqua sporca,
ridono di me che sono solo crosta,
spillano di me quello che li rivolta,
spogliano di te il fiore rotto in bocca.

Senza resa,
scavare nella carne vie d’uscita.
Senza resa,
scavare nella carne vie d’uscita.

Sbattono persiane al vento le mie ossa,
cercano di me quello che non si tocca.

Senza resa,
scavare nella carne vie d’uscita.
Senza resa,
scavare nella carne vie d’uscita

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