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È una serie di fotogrammi, quella che si riaffaccia alla mia mente, quando ripenso alle canzoni dei CCCP.
La maggior parte delle istantanee di questa sequenza sono legate al concerto per “30 anni di ortodossia”, poco più di un anno fa, a Giovinazzo; un evento marginale, nella storia del gruppo, ma si sa: le associazioni mentali sono qualcosa di molto personale, è logico che la mia esperienza non coincida con quella degli altri fans, né – tanto meno – con quella dei componenti della band. Eppure ho visto anche i C.S.I., dal vivo, più di una volta, li ho visti con l’inconfondibile figura di Giovanni Lindo Ferretti a far da frontman. Concerti indimenticabili, senza dubbio, esperienze che lasciano il segno. Però a me continuano a venire in mente soprattutto quelle istantanee di un anno fa – la gente, una birra, l’aria afosa di agosto, le bancarelle artigianali, una maglia a fiori, i jeans un po’ strappati e ricamati, il simbolo della pace, certi sguardi laterali, rubati a una consapevolezza nascosta, segreta, il concerto che è durato troppo poco, Angela Baraldi che cantava “Annarella”, in chiusura.
Già, perché su quel palco, al posto dell’intramontabile tramontato, c’era questa donna fiera e umile, consapevole del ruolo che ricopriva e ligia al suo compito senza mai diventare invadente.
Tanto di cappello, Angela: se mai mi fossi trovato al posto tuo non avrei retto il peso della responsabilità.
Di fatto, però, dietro quel microfono c’era lei e non Giovanni, e se questo è accaduto c’era un motivo.
Oggi ho rivisto Ferretti, in un video che si aggira con troppa insistenza sui social network e che gli sciacalli della pagina blu non hanno perso l’occasione di far circolare per gettare fango su un santone che è diventato di colpo il nemico: del resto cos’era Satana prima di essere scaraventato all’inferno, nell’iconografia cristiana, se non un Angelo?
Io ho perso interesse per l’astio, ormai da tempo: la rabbia cieca, la furia puramente distruttiva mi fanno ribrezzo. Insultare una persona che per me ha rappresentato tanto non mi farà sentire meglio.
Quel video mi ha messo addosso solo tanta tristezza. Non ne faccio una questione politica, Giovanni, non mi fa nessun effetto sentiti dire che non voti più la sinistra da anni; io stesso faccio una fatica immensa a identificarmi ormai, da tanto tempo. Tutti noi cambiamo, ci evolviamo, e lo fanno anche i movimenti politici; anzi: quelli che restano cristallizzati su certe posizioni – fra l’altro – oggi appaiono stantii, inutilmente nostalgici, superati dal tempo che scorre troppo veloce, troppo frenetico.
È stata la compiacenza con cui dicevi certe cose a ferirmi davvero, quel sorrisetto ironico, che un tempo usavi per demolire i nostri nemici, ad aprire uno squarcio.
Hai un debito verso quella gente, solo perché è venuta a qualche concerto dei CCCP dovendo infilarsi controvoglia in ambienti a loro ostili? Va bene. Ti dirò di più: anch’io ho rispetto per loro, perché se per amore della musica hanno affrontato quella che, al tempo, doveva essere una grossa umiliazione – beh, per me almeno lo sarebbe stata, partecipare a una manifestazione di destra, anzi: probabilmente non ce l’avrei mai fatta – vuol dire che hanno una mente aperta, e non importa se hanno idee diverse dalle mie. Per me una mente aperta è sempre motivo di confronto e di crescita.
Ma non ti è passato per la testa neanche un minuto di avere un debito anche con noi?
Guardiamoci in faccia, Giovanni: io sono un quarantenne, un uomo adulto e maturo, tu hai una ventina d’anni più di me; questa differenza di età ha reso possibile che, negli anni della mia adolescenza, le tue canzoni avessero su di me un’influenza così importante, così formativa, che ti vedessi come una sorta di padre spirituale da cui attingere sapienza, coscienza politica. Se sono quello che sono, insomma, per una piccola parte lo devo anche a te. Io ho un grosso debito con te e non lo dimenticherò, non ti insulterò gratuitamente, ma credo che anche tu ne abbia uno con me, perché io e tante altre persone come me ti abbiamo dato tanto.
Se oggi ti invitano ancora a parlare sui palchi è anche merito di chi ha acquistato i vostri album, è venuto ai vostri concerti, ha reso possibile il miracolo di “Tabula rasa elettrificata” primo nelle classifiche di vendita, in tempi in cui una simile invasione era tutt’altro che scontata, quando per mandarti a quei livelli noi fruitori di musica dovevamo compiere delle azioni molto più consapevoli di un semplice clic annoiato su un video di Youtube: dovevamo vestirci, raccattare venticinquemila lire nel nostro portafogli sempre troppo leggero, andare al negozio di dischi e acquistare il vostro cd.
Hai un debito anche con noi, Giovanni, te lo ripeto. E quest’estate ci siamo ritrovati in una festa – come quei raduni un po’ malinconici di vecchi compagni di classe, in cui però riemergono sempre i ricordi migliori – assieme ai nostri amici comuni: c’erano Massimo, Gianni, Giorgio e Francesco, con tanti di noi.
C’eravamo, nonostante per tutti noi siano cambiate tante cose: la vita, le idee, la rabbia non sono più le stesse di allora, ma nessuno di noi ha sputato in faccia al proprio passato.
Vota pure per Giorgia Meloni, Giovanni, m’interessa davvero poco, ma non ti dimenticare mai che il punto a cui sei arrivato oggi è il frutto di un lungo percorso di cui nessun passaggio può essere liquidato come inutile; faccio davvero fatica a capire come tu possa esserti ritrovato lì, al termine di questa strada, mentre i tuoi compagni di viaggio sono ancora qui.
Sarebbe utile che anche tu ti ponessi qualche domanda, guardando un po’ anche a noi, a quelli verso cui hai i debiti più significativi e che cancellassi dal tuo viso quel sorrisetto che sembra dire “io conosco la verità, voi arrancate nel buio”. E poi, prima di pronunciare slogan buoni solo ad arraffare voti, tipo “prima gli italiani” – come se ci fosse davvero una correlazione di qualsiasi tipo fra la disperazione di alcune fette della popolazione nostrana e quella di chi fugge da guerre e orrori – ricordati di queste parole:

“Vicini per chilometri, vicini per stagioni
sulle tracce dei lupi che fuggono le guerre degli umani
Vicini per chilometri, vicini per stagioni
traversando frontiere che preparano le guerre di domani
Vicini per chilometri, vicini per stagioni
c’è modo e modo di scoprire che il confine è d’aria e luce
d’aria e luce”

Le ha scritte una persona estremamente saggia, che ammiro tantissimo e a cui voglio un bene immenso.

Manlio Ranieri

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