E sperare d’incontrarti…e sperare di non incontrarti: nello stesso cielo, schivandoci come un sistema binario. Rotazione e rivoluzione d’anime vive, come il tuo volo notturno nell’alone ardente di quella candela. Ricordi? Avevamo scelto mille simboli. Portare lo stramonio al tuo santuario, ieri un non ti scordar di me, la prima volta un girasole: di questo prato tutti i fiori che conosco. E mi facevano visita le falene quando ero lontana, seminuda nell’insonnia a inventarti, quasi un miracolo: ambasciatrici del tuo nome che non avevo ancora pronunciato. Dolce sibilo d’usignoli inciso negli alveoli: un’ave maria sciolto nella memoria del sangue. L’hai sempre avuta “la potenza che irradia” e io una specie di piccolo “occhio olimpico”. E i cioccolatini allo cherry, l’Egitto, “Le Fleur du Mal”, il flauto traverso, Guitar Hero, “L’uomo che ride”, Sarah Kane, Mister Pollo, Xanax, numeri, capelli strappati, micologia, riflessi nei laghi, trekking, lenzuola azzurre, Furia Buia, Alice e il Bianconiglio, Mulholland Drive, graffi, Yann Tiersen, ospedali, panini al tonno, Piazza Archita…. Il lavoro più umiliante, pur di starti accanto. La mia rovina, pur di starti accanto. E per la prima volta nella mia vita non avevo bisognoo di nient’altro. “Non ti guardo, io ti vedo”- dicevi. Mi hai scoperto dentro lo stupore. Si fossero uccisi a vicenda i nostri demoni…non fossi stata così maledettamente folle, malata. Ho dovuto mandarti via, lo sai. Ho dovuto..amandoti. Non sapevo se avrei mai rivisto la luce. Lo sai. E mi portavi nelle cartoline, a respirare i boschi e le maree…solo per strapparmi quel sorriso che avevo smarrito chissà dove. Ti passavo la piastra e ogni secondo mi fermavi sulle tue ginocchia: ho sempre amato quell’espressione d’impazienza. E il bagno a casa tua, mentre morivo e non sentivo più neanche il dolore delle ferite. Ho dovuto…capisci? Vivo di strategie ogni giorno e ogni giorno sono a caccia di emozioni, mendicante col suo dolore in vendita. Quando sto per cedere è il tuo viso che rivedo…stringendo i pugni fino a sanguinare sul pavimento franto di questo vivere in sospensione, tra due opposti. Tu sola hai amato il mostro, gli occhi assenti, la pazzia. E mi commuovo sempre…sono così felice adesso dell’aria che respiro. Mi guardo intorno e c’è tanta tristezza e mediocrità. E tutte queste passanti che mi disgustano e annoiano e fanno ridere d’amarezza. Non ricordo neanche i nomi. Che m’importa? Mi sono privata di tutto riuscendo a sopravvivere. Ho smesso di credere a così tante cose. Per nessun’altra mai…non fino ad ora. Eppure ho dentro una gioia immensa. Non so come…io non so come. Ti celebro e ricordo e coltivo. Sei così bella..io ancora a metà. Ma non ho più paura di niente adesso…e lo devo a te, solo a te. Da una parte all’altra della nostra Berlino, in tempi diversi. Da una parte all’altra di questo misero universo ci saremo sempre una per l’altra. Lo so, lo sai… sperando sempre di incontrarti oggi e di non incontrarti mai.

 

Delia Cardinale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*