L’ho incontrata due volte.

Una sera era lì, tra le mie dita, in ogni pagina. È quasi surreale il modo in cui una forma d’artificio può catturare schizzi di realtà: uno squarcio nel cielo di carta e lei vive, oltre il libro, oltre l’arte. Non è fantasia, nè cronaca, nè romanzo: questa storia è vita, sangue e lacrime. Ho visto una città grigia, riflessi di speranza nei recessi bui di case vuote, graffi sui muri di una qualche prigionia, purezza e oscenità, rabbia e perdono, amore e indifferenza…silenzio assordante e rumori impercettibili, di ogni cosa un eccesso e il suo contrario… e tutto il sacro e l’inviolabile, il profano e peccaminoso, tutto compresso ad altissima densità nel cuore di una bambina…

A capo chino di fronte al suo coraggio, ho accarezzato le mie cicatrici…non sono poi così profonde…

L’ho intravista poi tra la gente, guardata a lungo, studiata in ogni lineamento..capolavoro d’artista o mistero da sgranare. Si sarà sentita il mio sguardo addosso come un vestito mai scelto, mai provato. Sono avida d’umanità ma questo lei non può saperlo. E forse sarebbero stati più discreti i miei occhi, ieri sera, se non mi fossi abbandonata allo pseudo-oblio del bicchiere di troppo. Non importa. Le ho parlato, non ricordo come. C’era gente intorno e lei seduta alle mie spalle. La percezione della sua presenza è stata così violenta da inginocchiare l’estatica curiosità della contemplazione all’esigenza irrefrenabile delle parole. E mi sono trovata a sprofondare nell’ossidiana liquida dei suoi occhi nerissimi: iride e pupilla una cosa sola, avesse, un qualche artista, dimenticato di stendere il colore che si è rappreso in pepite d’inchiostro. Non posso credere che quello sguardo più profondo dell’ombra fosse appartenuto alla stessa bambina del libro. La volontaria sospensione dell’incredulità è poi venuta spontanea, come gi strali di vento da una finestra schiusa. L’ho ascoltata attentamente, come una canzone di cui non conosco le parole. Svegliandomi al mattino mi è rimasto un motivo sulle labbra e neanche una frase da dire o scrivere. L’ho ascoltata ma non è bastato. Bella come una Sherazad d’occidente è riuscita a confondermi. E tutti i miei spasmodici studi sulla natura umana hanno smarrito metodo e logica. L’ho creduta una bambola di carta, da lontano: così vicina è carne e sangue, anima e respiro. Peccato avere le mani vuote e il cuore gramo. Peccato essere deserto e tempesta. Quasi la rivedo adesso, felina sull’acquerello fresco del ricordo, opaca, sfrontata e fragilissima. Nero cristallo che riluce in una macchia più chiara, dolce veleno negato alle labbra. Non so se annegherò ancora nel petrolio dei suoi occhi. Non so se sto cercando l’ennesima lama con cui ferirmi, ma che importa? Non so vivere altrimenti che così.

L’ho incontrata due volte: al di quà e al di là delle parole.

Delia Cardinale

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