Il fumo del tabacco ha roso l’aria.

La stanza

è un capitolo dell’inferno di Kručënych.

Ricordi?

Accanto a questa finestra

per la prima volta

accarezzai freneticamente le tue mani.

Oggi, ecco, sei seduta,

il cuore rivestito di ferro.

Ancora un giorno,

e mi scaccerai,

forse maledicendomi.

Nella buia anticamera, la mano, rotta dal tremito,

a lungo non saprà infilarsi nella manica.

Poi uscirò di corsa,

e lancerò il mio corpo per la strada.

Fuggito da tutti,

folle diventerò,

consunto dalla disperazione.

Ma non è necessario tutto questo;

cara,

dolce,

diciamoci adesso addio.

Il mio amore,

peso così schiacciante ancora,

ti grava sopra

lo stesso,

dovunque tu fugga.

Lasciami sfogare in un ultimo grido

l’amarezza degli offesi lamenti.

Se lo sfiancano di lavoro, un bue,

se ne va

ad adagiarsi sulle fredde acque.

Ma, al di fuori del tuo amore,

per me

non c’è mare,

e dal tuo amore neanche col pianto puoi impetrare tregua.

 

Se l’elefante sfinito cerca pace,

si stende regalmente sulla sabbia arroventata.

Ma, al di fuori del tuo amore,

per me

non c’è sole,

e io non so neppure dove sei e con chi.

Se così tu avessi ridotto un poeta,

lui

avrebbe lasciato la sua amata per la gloria e il denaro

ma per me

non un solo

suono è di festa

oltre a quello del tuo amato nome.

Non mi butterò nella tromba delle scale,

non ingoierò veleno,

non saprò premere il grilletto contro la tempia.

Su di me,

al di fuori del tuo sguardo,

non ha potere la lama di nessun coltello.

Domani dimenticherai che ti ho incoronato,

che l’anima in fiore ho incenerito con l’amore,

e lo scatenato carnevale dei giorni irrequieti

scompiglierà le pagine dei miei libri…

Potranno mai le foglie secche delle mie parole

trattenerti un momento

per aspirare avidamente?

Ma lascia almeno

ch’io lastrichi con un’ultima tenerezza

il tuo passo che s’allontana. 

 

Vladimir Majakovskij

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